Salvo Finocchiaro è un artista eccellente nella sua specialità, appassionato di tradizioni marinare, decoratore di barche, modellista e realizzatore di graziosi gadget marinari. Il titolo che gli è più confacente è quello di “pingisanto”, dato soprattutto dai suoi amici. Simbiotico e vitale è il legame con il mare. Lo abbiamo intervistato.
Salvo Finocchiaro e il legame con Acitrezza
Salvo Finocchiaro è un geologo e docente di scienze; è originario di Acitrezza, un sito “geovulcanologico” unico al mondo, luogo di intensa suggestione letteraria e cinematografica, un angolo della nostra Sicilia legato alla tradizione dei gozzi, le tipiche imbarcazioni realizzate dai maestri d’ascia nel porto di Acitrezza, dove è attivo il cantiere della famiglia dei Rodolico. Qui la storia e la mitologia si intersecano e concretizzano nelle lampare, oggetto di leggende, dando vita a profonde emozioni.
Questo è il contesto in cui Salvo Finocchiaro da anni opera per passione, con maestria, come decoratore di barche.
Le imbarcazioni tradizionali siciliane decorate “alla catanese”
Al porto di Catania, quando ancora il mare arrivava fin sotto gli archi della marina, tante erano le barche ormeggiate pronte a salpare che spesso portavano anche i catanesi alla playa. Queste imbarcazioni spesso avevano dei nomi legati nome del pesce catturato o dell’attrezzo utilizzato: “sardare”, “cozzolare”, “conzare”, “nassarole”, “fiocinare” popolavano il Golfo di Catania.
Queste barche erano tanto diverse da quelle del resto della Sicilia, per la singolarità delle linee e, soprattutto per i colori, tanto da dare vita alla denominazione “alla catanese”. L’aggettivo si richiama alle decorazioni policrome presenti all’interno e all’esterno delle barche. Attraverso la veste decorativa, si articolava il rapporto ancestrale fra l’uomo ed il mare. A Catania, alla fine degli anni cinquanta, nel porto di Ognina dove ancora sono presenti queste imbarcazioni, i Bonaccorsi eccellevano in questo tipo di decorazioni, nate dalla contaminazione fra sacro e profano. All’arte della loro decorazione si dedicò anche Giuseppe Pitrè.
Tante le personalità di artigiani impiegate nella realizzazione di queste imbarcazioni: il maestro d’ascia o costruttore, il velaio, il decoratore. Il decoro seguiva canoni ben precisi ed era realizzato da pittori di professione, i “pingisanti”.
Salvo, il “pingisanto”di Acitrezza
È proprietario di un gozzo tipo sardara “alla catanese” – di nome Venere – lungo 5,60 m, decorato a mano ed armato a vela latina, costruito nel 2006 a seguito di un’accurata ricerca filologica. È progettista, costruttore di modelli in scala e di pregiati half-model; si diletta a decorare; progetta vele latine in cotone. Ama fare regate veliche di piacere con barche tradizionali.
Salvo Finocchiaro lei è nato e opera in un contesto dove è ancestrale il legame col mare e con tutto ciò che si lega a questo vitale elemento naturale. Come è nata in lei la passione della decorazione delle barche?
« Occorre dire che essa nasce da una profonda passione per il mare e per tutto quello che da esso può scaturire. Ad Acitrezza, abitavo proprio sopra il cantiere navale della famiglia Rodolico. Dal balcone di casa mia osservavo le attività che si svolgevano in cantiere: dalla posa della chiglia, alla costruzione della struttura, dell’opera morta, al calafato, alla pitturazione, al varo delle centinaia di barche. La passione mi portava a imitare tutto ciò che vedevo fare così che ho cominciato, sin dall’età di 10 anni, a disegnare e riprodurre modellini in scala di piccole barche e grossi motopescherecci che conservo tuttora con grande orgoglio e gelosia. Ho dovuto interrompere questa passione per motivi di lavoro che mi ha portato a Bergamo, dove ho insegnato matematica ai ragazzi delle scuole medie ».
Come è nata in lei la passione della decorazione delle barche?
« Rientrato in Sicilia, ripresi l’archetto da traforo (strumento manuale indispensabile per il taglio del legno compensato) e ricominciai a costruire modellini. Cominciai a fare una ricerca filologia sulle piccole barche da lavoro remo-veliche della tradizione trezzota, mettendo a confronto le tipologie navali delle marinerie del siracusano, del messinese e del palermitano.
Notai che la tecnica costruttiva fondamentalmente era la stessa, quello che cambiava era la veste decorativa che vedeva le barche dell’area catanese in testa per quanto riguarda la ricchezza dei particolari decorativi e figurativi. Così ritornai fra i banchi di scuola da insegnante di modellismo navale, e cominciai a trasferire la mia passione ai ragazzi della scuola media Roberto Rimini di Acitrezza.
Fino al 2006 ho riprodotto modellini di tutte le misure e con la ricchezza delle decorazioni che via via andavo a riscoprire attraverso il recupero di fotografie, di filmati, di visite a musei di tutta la Sicilia, di interviste a vecchi pescatori. In quel periodo la mia vita è stata colorata come le barche che ho decorato ».
Parliamo delle sue creazioni su: “La Provvidenza”, “San Giovanni” e “Venere”
« Nel 2004, mettendo assieme tutto il materiale bibliografico e tecnico raccolto, mi dedicai alla costruzione di una barca tipo sardara a grandezza naturale, la Provvidenza di verghiana memoria, che ebbi l’onere e l’onore di decorare riproducendo lo stile dei pittori di barca catanesi. La Provvidenza fu la prima barca decorata che ritornò a solcare i mari della riviera dei Ciclopi dopo un oblio di 50 anni. Dopo la Provvidenza nacque la fiocinara “San Giovanni”, nel 2006 (utilizzata per la festa di San Giovanni) e a seguire la sardara “Venere”.
La fama, per così dire, mi portò a ridecorare le due conzare di Ognina, nel 2010, poi una delle due di Santa Maria La Scala, nel 2019, e per finire, lo scorso mese di maggio ho rifatto il decoro della Provvidenza. Queste tre imbarcazioni sono opera del mastro d’ascia Alfio Bella, formatosi nel cantiere Rodolico e successivamente attivo in proprio assieme al figlio Massimo a Scillichenti ».
Salvo Finocchiaro in cosa consiste la tecnica adoperata dal “pingisanto”?
« Il pingisanto era un pittore di professione che adoperando uno stile semplice, naif, rispondeva alle richieste dei proprietari di barca che volevano abbellite le loro imbarcazioni con lo scopo di rendere omaggio e rispetto al mare e al tempo stesso ostentare potere, ricchezza, e superiorità nei confronti dell’invidia e delle male lingue. Il pittore di barca operava su dei fondi già pitturati, cominciava a preparare i campi (la cosiddetta campitura) di colore bianco e giallo contornati da linee di arancio. Ciò fatto cominciava con le decorazioni, che erano motivi ripetuti di forme geometriche e floreali legati alla dominazione araba in Sicilia. Quindi si procedeva con le figurazioni, volute dai committenti, che erano icone di ispirazione sacra e profana, qui si differenziava una barca dall’altra.
Figuravano sirene, angeli, panieri, palme di ulivo, occhi, pesci, cavalli, cigni, panorami con l’Etna fumante, frasi scaramantiche, figure tratte dalle carte da gioco come l’asso di bastoni o l’asso d’oro. Ogni icona aveva una precisa allocazione ed un preciso significato simbolico. La sirena, sui masconi di prua, simboleggiava la bellezza e le insidie del mare, gli angeli, sui mascellari dei corridoi, proteggevano l’equipaggio, il santo, sulla pernaccia di prua, dichiarava la parrocchia di appartenenza, l’occhio sul dritto di prua aveva valore apotropaico. I colori venivano sapientemente preparati adoperando e miscelando terre naturali mescolati con olio di lino cotto ».
Si parla di una tradizione tipica catanese di decorazione, esemplificata dalla famiglia Bonaccorsi, che si scosta da quelle adoperate nelle altre città di mare siciliane. Quali sono le caratteristiche più visibili?
« Le barche delle diverse aree costiere siciliane si differenziavano per particolari i costruttivi e soprattutto per la veste decorativa. A Catania, invece, si realizzava il massimo della ridondanza e del riempimento decorativo. Da quello che ha potuto rilevare, lo stile più gettonato è stato quello dei pittori catanesi Cosimo e Agatino Bonaccorsi. Hanno avuto degli imitatori ma questi non hanno saputo uguagliare la bellezza dello stile dei due antesignani ».
Qual è il legame con la pittura e decorazione dei carretti siciliani? Quali sono le differenze più marcate?
« Per quello che ci è dato sapere, il decoro del carretto, più artistico del decoro di barca, nasce nella seconda metà del 1800. In parallelo si sviluppa il decoro delle barche, come ho potuto notare da una foto bianco-nero di una conzara decorata sotto gli Archi della marina a fine ‘800. Le due pitture non avevano motivi in comune. Forse l’unica cosa che accumunava le due culture erano i “visuliddi” disegnati sul tamburetto delle barche e sul piano di carico del carretto. Per il resto tutto sembra diverso; la pittura di barca seguiva la regola estetica del tutto per la parte con pennellate frettolose e senza chiaroscuro: c’era sovrapposizione e giustapposizione dei colori.
La caratteristica, direi la firma, era l’impavesata pitturata con i tipici arabeschi. Prevalgono i motivi geometrico-floreali della cultura araba, le icone profane della cultura greca, le icone sacre della nostra fede religiosa ».
Qual è oggi la funzione del pingisanto?
« Oggi il mestiere del pittore di barca è scomparso per il sopraggiungere dei grossi e potenti motopesca che hanno dato inizio a una nuova era economica e sociale marinara; è cambiato anche il rapporto fra l’uomo e il mare, divenuto meno spirituale e più utilitaristico. Rivalutare questo mestiere sarebbe opportuno per conservare la memoria di della nostra civiltà marinara; la rinascita di un certo numero di barche decorate alla catanese nei porticcioli di Ognina, Acitrezza, Santa Maria La Scala potrebbe essere volano per la ripresa di un turismo di taglio culturale.
Oggigiorno i nostri paesini rivieraschi sono affollati da un turismo di massa che va alla ricerca del soddisfacimento dei bisogni primari del bere e del mangiare. Nessun ente locale ha saputo tutelare, salvaguardare e rendere fruibili le barche decorate alla catanese che potrebbero essere utilizzate per servizi pubblicitari, per eventi nuziali, ecc. Occorre ricordare e far conoscere alle nuove generazioni queste realtà e progettare il futuro sviluppo economico dei paesi di mare ».
Salvo Finocchiaro lei è attivo nel cantiere dei Rodolico. Ci parli della situazione di questa storica istituzione trezzota.
« Con i Rodolico ho portato avanti un progetto di decorazione di una lancia di nuova costruzione decorata alla catanese. La lancia è stata messa a sorteggio riscuotendo un grande successo da parte di quanti numerosi hanno comprato i biglietti del sorteggio. Attualmente sto decorando dei modellini in scala costruiti dal mastro d’ascia Turi Rodolico che sono stati messi a sorteggio con la partecipazione organizzativa del comune e delle associazioni culturali del territorio. La mancata richiesta di barche in legno ha messo in crisi tutto il settore cantieristico; il cantiere sta cercando di sopravvivere con iniziative culturali e con la costituzione di uno spazio museale ove continuare a far rivivere gli ultimi cento anni di costruzioni navali ».
Antichi mestieri a rischio scomparsa: i maestri d’arte
Un‘arte pregna si storia, identità cultura, una tecnica raffinata e particolarissima quelle portate avanti da Salvo Finocchiaro che va preservata e valorizzata. I mestieri d’arte rappresentano un giacimento culturale, economico e produttivo di straordinaria importanza per il nostro territorio. Come abbiamo visto, viene a mancare mancare la materia prima, ovvero gli artigiani stessi. Il mestiere d’arte presuppone talento, concentrazione, perizia, fatica e dedizione.
Gli antichi mestieri, racchiudono un sapere unico e prezioso. Negli ultimi anni, si sono svolte campagne che hanno documentato gli antichi mestieri (fabbri, falegnami, ceramisti, fabbricatori di conche e orci, intrecciatori di vimini ecc… Tutto ciò costituisce un patrimonio da salvaguardare con passione.
L’intervista a Salvo Finocchiaro è un’occasione per approfondire la magia del mare e rilanciare gli antichi mestieri dell’artigianato siciliano che stanno scomparendo.
Foto tratte dalla pagina facebook “Il Pingisanto”.