Uno scritto il quale riconduce al vivere d’un tempo, fatta di genuinità e condivisione. Un ritorno ad una dimensione che, a causa dell’omogeneizzazione e ad stile di vita frenetico, rischia di perdersi. Viaggiare in Sicilia è un libro di Caterina Belladonna, la cui presentazione ha avuto luogo venerdì 10 novembre presso la libreria Mondadori di via Gabriele D’Annunzio 115. Un incontro ad ampio raggio, con riflessioni sul modo di vivere del passato e di quello presente.
Un’iniziativa organizzata come per “gioco”
La presentazione di Viaggiare in Sicilia ha visto la collaborazione tra l’autrice e Claudio Romano, cestaio e cantastorie, che ha fatto da relatore. I due si sono conosciuti per caso, nel corso di un piccolo spettacolo a Palazzo della Cultura, e hanno subito compreso di riscontrare delle affinità. Nel corso della presentazione intermezzo musicale col tamburo di Claudio e la chitarra di Rossella Di Brigida. Il cestaio matto introduce l’incontro affermando che il libro racconta dell’arte culinaria della Trinacria. Ogni famiglia siciliana tende a girovagare lungo tutta la ragione, poiché vi è un’immensa ricchezza di storia, cultura, arte.
Riferimento ai bisogni primari quali il cibo e il respiro, le prime attività che si svolgono sin dalla nascita e che rendono vivi. Il siciliano è una lingua sempre riferita al presente; inconsciamente si assume una concezione immanente dell’esistenza. Claudio ribadisce sia la semplicità, sia l’importanza dei rapporti interpersonali, la necessità del supporto reciproco in qualunque aspetto per restare in vita. Un intreccio, come quello delle sue cesta, che si riscontra ovunque. Inoltre Claudio ricorda, in merito al vivere d’un tempo, il setaccio, strumento con cui le donne lavoravano il frumento, rimuovendo gli scarti invece che di aggiungere altri elementi.
Viaggiare in Sicilia, le parole dell’autrice
Caterina Belladonna sostiene anche lei che occorre tornare alla semplicità, per quel che è possibile. Lo stile di vita odierno induce ritmi lavorativi estenuanti per produrre il superfluo; occorre spogliarsene. Per arrivare a questo, è fondamentale conoscere bene se stessi/e, acquisire una maggior consapevolezza rispetto alla propria essenza. Questo consente inoltre di comprendere meglio come adoperare il tempo per espandere la dimensione creativa. L’autrice afferma che al giorno d’oggi la comunicazione è difficile da gestire. I rapporti interpersonali divengono stagnanti, non emerge lo slancio per colorare le relazioni, oltre a non voler avere tempo per coltivare il dialogo. Caterina si riferisce a questi aspetti perché erano fondamentali nel contesto socio-culturale che descrive in Viaggiare in Sicilia. Il libro come un’avventura, un viaggio tra storia, cucina, cultura, racconti di vita. L’autrice, nel raccontare, passa dal romanticismo alla solitudine, un impasto di elementi che raccontano la vita.
Ogni piatto descritto è un viaggio, poiché è il risultato finale degli agricoltori che rendono fruibili le materie prime, dei mercanti che vendono il cibo e poi di chi lo prepara. Caterina, poi, ricorda le sue origini, col padre siciliano e la madre belga. Ella ha scritto questo libro perché è affascinato dalla genuinità del vivere d’un tempo. Una dimensione scandita da tanti piccoli aspetti, i quali costituivano dei rituali e delle abitudini che caratterizzavano l’esistenza. Un esempio di questo erano le donne che impastavano il pane, le quali lo preparavano pure per chi non aveva il forno in casa. Gesti che raccontavano la storia, la vita che si svolgeva prima.
C’è chi, come Caterina Belladonna, è sensibile verso tale dimensione. E’ il caso di Cinzia Caminiti Nicotra col suo libro Il pane fritto e altre storie, di Enza Oddo a Noto con la sua Casa Museo e la sua attenzione verso il valore dell’artigianato. Da ricordare pure Vittorio De Seta, le cui pellicole sono una preziosa testimonianza su come le persone dell’entroterra meridionale vivevano prima del boom economico. Le azioni odierne mancano di spontaneità, autenticità, sono meccaniche e ripetitive. Inoltre manca la riverenza verso il cibo, la gratitudine per poter nutrirsi.
Altre importanti riflessioni
Interviene ancora Claudio Romano, il quale di riferisce alla sua attività di coltivazione di erbe officinali. Egli, assieme a Rossella, parlano con le piante, riconoscendovi una sensibilità e creando armonia. Secondo la tradizione, il mazzo di origano collocato nelle case porta fortuna. Una pianta, assieme al rosmarino, “per bene”, poiché presenta proprietà antibatteriche. I cantastorie erano i telegiornali di una volta, poiché informavano sia sugli avvenimenti della loro cittadina, sia su temi politico-sociali. Il teatro e la cucina sono intrecciati tra loro, tutto lo è poiché la vita è fatta di improvvisazioni. Claudio ricorda che prima si trascorreva più tempo a casa, pertanto si svolgevano attività che portavano alla condivisione, come l’impasto del pane, la vendemmia o le preparazioni culinarie. Ecco perché Caterina ricorda che ogni piatto siciliano incarna una storia, anche legata all’intimità delle famiglie che lo realizzavano.
Cettina Tiralosi evidenzia la differenza tra il rapporto col cibo nel passato e come è oggi. Un tempo si sapeva da dove esso veniva e costituiva davvero fonte di nutrimento. Adesso, a causa della globalizzazione e della grande distribuzione organizzata, la relazione con gli alimenti è astratta. Se ne disconosce molte volte la provenienza; soprattutto molte materie prime non sono locali. L’astrazione porta a vedere le cose non in misura oggettiva, ma in modo convenevole, spesso distorto.
Viaggiare in Sicilia è un libro che tende ad un ritorno alle radici. In tempi in cui prevalgono l’omogeneizzazione, portata dalla globalizzazione, riscoprire le tradizione autentiche e genuine è un atto controcorrente. Uno scritto in cui l’arte culinaria trova connessione con altri aspetti dell’esistenza, la cui interscambiabilità è imprescindibile. Un libro da leggere tutto d’un fiato, ricco di sentimento, oltre di curiosità varie.