Catania è un romanzo in chiaroscuro. Un nero inchiostro di china che si immerge in pagine bianche per dare vita a storie e racconti passati. Il barocco si trasforma in una fiaba che affascina e diletta viaggiatori e passanti. Tra vie, piazze e profili di palazzi, si annidano dettagli che raccontano la città stessa. Che tu sia un viaggiatore, un cittadino o un semplice passante, col tempo, avrai imparato che Catania è un pozzo inesauribile di bellezze. Ti soffermerai o ti sarai già soffermato a contemplare dettagli e con lo sguardo all’insù un moto di suggestione e meraviglia ti avrà già travolto. Da questo momento vesti i panni del lettore e dammi del tempo per raccontarti del Palazzo San Giuliano, di Giovan Battista Vaccarini, del Teatro Machiavelli e dei marchesi di San Giuliano.
Palazzo San Giuliano: progettato da Giovan Battista Vaccarini
Palazzo San Giuliano a Piazza Università, progettato dall’architetto palermitano Giovan Battista Vaccarini, fu costruito a partire del 1738 per la famiglia Paternò Castello, Marchesi di San Giuliano. Per l’esecuzione del progetto, oltre a Vaccarini, si impegnarono in successione anche gli architetti Giuseppe Palazzotto (dal 1747 al 1751), Stefano Ittar (a partire dal 1768) e Carlo Ardizzone (lavori di completamento nella seconda metà dell’Ottocento). Palazzo San Giuliano presenta elementi nuovi rispetto ad altri edifici. Costruito con marmi policromi, di notevole interesse è senza alcun dubbio la tribuna del portale centrale. Qui si trova lo stemma nobiliare della casata, fiancheggiato ai lati da due colonne di marmo che sostengono il ballatoio. L’ingresso ospita le lapidi dei personaggi illustri che nel corso del tempo vi hanno soggiornato come Carlo Ludovico e Maria Teresa d’Austria e Vittorio Emanuele III e la Regina Elena.
Palazzo nobiliare, ma anche sede di un Teatro
All’interno si staglia una grande scala con rampe inclinate e sovrastate da una loggia sostenuta da quattro colonne. Nel Settecento, a nord del piano terra, si trovava la cantina e a sud magazzini e stalle. Sulla piazza si affacciavano otto botteghe e al primo piano erano ubicate alcune stanzette. Il secondo piano, il piano nobile, ospitava le stanze più prestigiose. Al piano superiore, invece, si trovavano gli ambienti di servizio. Nel 1864 fu inaugurata l’Opira di don Ancilu. La cantina fu trasformata in un teatro, affidato ad Angelo Grasso, padre del celebre Giovanni Grasso. Prima ospitò l’opera dei pupi di Don Angelo e successivamente accolse le prime rappresentazioni in personaggi di Giovanni Grasso e di Angelo Musco, allora esordiente. Nel 1881 fu battezzato con il nome di Teatro Machiavelli da don Angelo su consiglio di un frate. Dopo vari vicissitudini è stato chiuso nel 1912 e aperto al pubblico nel 2010 grazie all’impegno del regista Lamberto Puggelli e all’Università di Catania). Oggigiorno Palazzo San Giuliano, oltre al Teatro Machiavelli, ospita l’ufficio amministrativo dell’Università di Catania ed è posto di fronte il Palazzo dell’Università, sede del Rettorato.
Palazzo San Giuliano e la storia del duplice delitto
Rosana Petroso e Grimaldi baronessa di Pullicarini e moglie di Orazio Paternò Castello, fu trovata morta in una stanza del Palazzo San Giuliano. Si racconta che Rosana fosse una delle più belle donne siciliane. Si sposò nella primavera del 1777 con Orazio, figlio primogenito di Antonino e la coppia ebbe ben tre figli. L’omicidio avvenne sette anni dopo il matrimonio e a farne le spese fu anche una domestica accorsa in aiuto di Rosana e crudelmente pugnalata. Fu forse gelosia o un tragico epilogo dovuto a futili motivi o ancora la notizia di una quarta gravidanza a mettere il tarlo per far dubitare della paternità?
Quello che certamente accadde alimentò varie dicerie e suscitò scalpore in città. Orazio fuggì e di lui non si ebbero più tracce. Come riportato da LUDUM – Science Center Catania: “La destinazione dell’uxoricida era Napoli dove secondo i suoi piani avrebbe usato l’ascendente e le ricchezze della famiglia verso la corte borbonica per ottenere una tenera condanna o l’assoluzione. Ma Orazio non arrivò mai nella città partenopea. Il mistero sulla fine dell’assassino arricchì ancora di più la leggenda legata all’evento.”
Leggende e misteri
Leggende e misteri alimentarono il misfatto, tanto da far credere che Rosana fosse stata murata all’interno del Palazzo. Un particolare che sosteneva questa ipotesi era dato dalle due finestre murate poste in alto a sinistra del palazzo San Giuliano. In realtà non erano delle stanze, ma nascondevano semplicemente la volta del salone sottostante. Il delitto, infatti, si consumò nella cosiddetta camera rossa, una delle stanze da letto dell’appartamento abitato dalla famiglia di Orazio. Il volto di Rosana, dalla lettura del monografico a cura di C. Nicotra, Il Carmelo catanese, nella storia e nell’arte, è tuttora visibile all’interno del Santuario della Madonna del Carmine, in piazza Carlo Alberto. Nell’altare di Santa Lucia, l’urna con il cereo simulacro di Sant’Agata, non sarebbe altro che il volto della bella Rosana.
La risoluzione della scomparsa di Orazio
Il mistero della scomparsa di Orazio fu risolto oltre un secolo più tardi da Antonino Paternò Castello Marchese di San Giuliano, politico e diplomatico meglio conosciuto come Antonino Di Sangiuliano. Antonino, secondo F. Paternò Castello di Carcaci, intraprese un viaggio sulle coste africane e si trovò a leggere “Lettere scritte durante dieci anni di residenza alla Corte di Tripoli” di Richard Tully.
L’inglese descrive una sua gita vicino Tripoli e dell’incontro con un giovane siciliano convertito all’Islam e dragomanno (interprete, impiegato nelle relazioni politiche, commerciali o turistiche).
Antonino scoprì che questo giovane raccontò a Tully di essere il Marchese di San Giuliano e di aver ucciso la moglie per gelosia. Catturato dai pirati turchi si era convertito per salvarsi la pelle. Antonino seguì le tracce e iniziò le sue indagini trovando i discendenti di Orazio, o meglio di Ahmed-Smirly. Il nome sembra voler dire “uomo venuto dal mare”. Orazio sposò la figlia di Alì Karamanli il Pascià di Tripoli e dal matrimonio nacquero tre figli.
Altre fonti e approfondimenti
Editoriale Agorà 32/2010 di Salvatore M. Calogero
C. NICOTRA, Il Carmelo catanese, nella storia e nell’arte, Messina 1977, p. 158.
Palazzo San Giuliano – Teatro Machiavelli, Izi.Travel
Lo strano caso del Marchese di San Giuliano. LUDUM Science Center Catania
F. PATERNÒ CASTELLO DI CARCACI, I Paternò di Sicilia, Catania 1936
Storie mediterranee. Destini di uomini e cose tra XV e XIX secolo, Paolo Militello, Carrocci Editore 2018
Note: Alcuni testi, fonti e documenti riportano la dicitura Sangiuliano mentre in altri è riportato San Giuliano. La stessa nota vale per quanto riguarda i Marchesi. Non sono riuscita a venirne a capo e invito il lettore più esperto a delucidarmi o ad aiutarmi su questo grattacapo. Ho optato per San Giuliano, oltre che per la quantità di riscontri, per la presenza dei cartelli all’esterno e all’interno del Palazzo di cui ho inserito le foto. Da notare come nella seconda immagine, poco sotto San Giuliano, è stata inserita la forma Sangiuliano per fare riferimento alla famiglia. Per quanto riguarda la baronessa: Paolo Militello, in Tripoli come destino: i Marchesi di San Giuliano di Catania e la città maghrebina, riporta il nome di Rosana Petroso e Grimaldi e di come sia stata citata come Rosalia per un errore nel manoscritto Diario Palermitano del Marchese di Villabianca.
Info utili
Fascino, bellezza, cultura e arte sono solo alcune delle parole che descrivono Palazzo San Giuliano un gioiello in pieno centro storico
Dove
Piazza Università 16, 95131 Catania
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