Acatapani. Una parola – se mi concedete di sfogar la fantasia – dal suono eccentrico. Eppur l’amato vocabolario riporta una definizione. Il catapano designava l’alto ufficiale bizantino, governatore di province. All’epoca della dominazione normanna e in quella spagnola – nella forma acatapano – indicava il funzionario preposto alla sorveglianza dei commerci e dei mercati. In un’altra fonte, invece, si fa ferimento ad “acata” (acquista) e “pane”. Eureka! Quale miglior periodo storico per avvicendarsi in ricerche? Per divagare (ir)responsabilmente come solo un catanese saprebbe fare? Curiosità, soliloqui e parallelismi contemporanei su personaggi originali.
Acatapani nella Catania del 1700
I risultati della ricerca sono chiari. Ci troviamo in una Catania del 1700. Gli acatapani sono dei vigili sanitari. Il loro compito è quello di far rispettare l’ordinamento annonario dei mercati della città. Le ricerche, ancora, evidenziano un disordine generale e una sporcizia imperante. Si parla di Mastro di Mondezza, di pracchio e della paura incombente sulla nascita di nuove epidemie (vi ricorda qualcosa?). Andiamo avanti. Il servizio di vigilanza degli acatapani vietava la confusione, l’affollamento (sì, lo so che avete letto assembramento) e il mettere le mani dentro i canestri per scegliere i prodotti migliori.
Fin qui tutto normale, tutto logico. Bisogna evitare il disordine, la sporcizia e vigilare sui prezzi imposti da mercanti senza scrupoli. Li immagino – o meglio li ho immaginati prima di completare il resto della ricerca – fieri e austeri. Imbellettati, tutti d’un pezzo mentre richiamano il filibustiere di turno colto in flagrante con voce tonante: «‘mbare chi sta fannu? Lassa i cosi e allaschiti!»
Qualcuno, forse tra i più curiosi, domanderà in cosa consistevano le pene. Ebbene… le nostre ricerche raccontano: due tratti di corda riservata agli ignobili e un anno di carcere ai civili. La figura dei vigili, appresa la notizia di tali torture, disegna nuovi contorni… del resto chi vorrebbe rischiare la corda o il gabbio? La loro presenza diviene intollerabile. La ricerca si fa interessante, distrae e alimenta la personale bizzarria. I catanesi dell’epoca si chiedono perché alcuni acatapani vivono di agi e ricchezze. Sono pur sempre delle guardie comunali, ma alcuni di loro producono e altri diventano proprietari terrieri.
Mai violare le disposizione dell’annona…
Dove siamo rimasti? Ah, sì! non bisogna violare le disposizioni dell’annona e occorre portare rispetto agli acatapani. Guardie comunali e benestanti. Quasi un ossimoro. Una bella contraddizione o altresì un indovinello. La risposta? Facile. I mercanti offrono in dono la merce migliore, quella pregiata e alcuni acatapani, i più spregiudicati e non ligi al dovere, allargano le borse senza ringraziare. Così si dividono, come ci insegna la storia, i buoni e i cattivi. Gli onesti e i disonesti.
I secondi, come se non bastasse, dimenticano per cosa sono stati scelti e cancellano, con un sol colpo di spugna, da dove son partiti. Nel 1779, in occasione della festa di Sant’Agata, pretendono di partecipare all’allora cavalcata annuale. Il Senato si oppone con uno stentoreo «Avaia!» I vigili sanitari insistono e tronfi si rivolgono al re Ferdinando IV di Borbone. Tra un “chi nicchi e nacchi” e l’altro la sentenza li riporta allo status originario. Il re ha parlato. Devono stare in mezzo alla gente e non a cavallo. Sic et simpliciter.
Info, fonti e approfondimenti
Sicilia segreta e misteriosa, Salvatore Spoto
Curiosità su Catania, Pina Licciardello sul sito Gocce di Perle
Osservazioni sopra la storia di Catania cavate dalla storia generale di Sicilia – Tomo II – di Vincenzo Cordaro Clarenza