Le epidemie che nei secoli scorsi hanno dimezzato la popolazione catanese sono state fonte di nuove professioni. Pracchio fu una di queste.
Pracchio: un quartiere catanese inondato di sporcizia
Dopo il terremoto del 1693 denominato “della Val di Noto” che devastò Catania, la città etnea fu nuovamente presa di mira nella metà del ‘700 da una grave epidemia di peste che dimezzerà ulteriormente la popolazione già gravemente sconvolta.
Il 1708 sarà ricordato come l’anno in cui la città di Catania venne giudicata come la più sporca dell’isola. Tra i quartieri più sporchi vi era quello del Carmine, sorto al di fuori della Porta di Aci, che sarà denominato “Pracchio”. Il nome datogli evidenziava un grave status igienico-sanitario che il Senato non riusciva a contenere.
La paura per la comparsa di nuove epidemie
Il sudiciume era visibile agli occhi di tutti, ma nessuno era in grado di rimediare alla situazione del quartiere. Sembrava che non esistessero provvedimenti atti a contrastare il dilagare della sporcizia e ci si poneva il dubbio se tutto ciò avesse presto portato alla nascita di nuove epidemie. Il Senato si vide così costretto ad applicare nuove norme e a riformare quelle esistenti. Il compito di vigilare e di controllare la situazione igienica della città sarà dato al “Mastro di Mondezza”, un Patrizio di Catania.
“Mastro Mondezza” detto Pracchio: il difficile ruolo del vigilante
Il “Mastro Mondezza” sarà conosciuto dalla popolazione catanese con il nome di Pracchio. Il Senato aveva dato a lui grandi poteri: poteva infatti promulgare bandi o comandamenti secondo le occorrenze. Le norme date dal Senato e concordate con il vigilante della Mondezza erano alquanto severe ed esplicite.
Ai cittadini era proibito gettare immondizia e sterco per le vie e le pubbliche piazze, ma dovevano appoggiarla alle mura esterne del proprio abitato. Ciò permetteva a Pracchio di vigilare sul loro trasporto sino alla zona del Fortino oppure al grande fosso vicino al bastione di Santa Barbara. La pulizia urbana divenne priorità assoluta. Sarà vietato, ad esempio, che la retina delle mule, così come il vagare di animali di fattoria, venisse fatto in riva al mare e non più tra le vie cittadine.
Norme di comportamento per gli animali da fattoria
Secondo il Senato, tra le cause della grave situazione igienico-sanitaria che si era venuta a creare a Catania nel ‘700 c’erano gli animali da fattoria. Le bestie da carico, che producevano nauseabondi odori di sterco, non potevano più circolare a Catania. A loro era infatti vietato vagare di giorno per il Corso san Filippo, per il piano di Sant’Agata e per le Quattro Cantonere. L’emergenza sarà poi ripristinata, ma questo non allontanerà del tutto ciò che stava incombendo su Catania: la peste.