La cultura dell'olio in Sicilia: caratteristiche e storia dell'"oro liquido"

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LO SAPEVI CHE

La cultura dell’olio in Sicilia: caratteristiche e storia dell'”oro liquido”

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L’olivo, definito da Leonardo Sciascianon a misura di vita umana e che ha perciò a che fare con la fede e con la religione”, è da sempre retaggio del paesaggio siciliano.

Lo storico Fernand Braudel scriveva: “il Mediterraneo è il mare degli oliveti. Lungo le sue coste “si ritrova la medesima trinità, figlia del clima e della storia: il grano, l’olivo, la vite, ossia la stessa civiltà agraria, la medesima vittoria degli uomini sull’ambiente fisico”.

L’olio d’oliva siciliano

La pianta dell’ulivo, coi suoi frutti, è uno dei simboli della cultura isolana, nonché uno dei fulcri della economia locale. La Sicilia è tra le prime regioni d’Italia per produzione di olive ed olio. L’olio extravergine d’oliva è uno dei componenti essenziali della dieta mediterranea grazie al fatto che esso si ricava dal frutto e non dal seme, particolarità che gli consente di racchiudere importanti qualità organolettiche e nutrizionali.

Dalle proprietà curative, cosmetiche e nutrizionali, di oli in Sicilia ce ne sono in grande quantità.  Le varietà di olivo ancora oggi vengono chiamate con nomi femminili. Il panorama varietale siciliano si caratterizza per la predominanza di otto tipologie principali: Biancolilla, Cerasuola, Moresca, Nocellara del Belice, Nocellara Etnea, Oglialora Messinese, Santagatese, Tonda Iblea, le quali, assieme, raggiungono l’80% di tutti gli olivi coltivati in Sicilia. Ad esse si affiancano:  Brandofino, Crastu, Giarraffa, Minuta, Pidicuddara, Verdello, Zaituna. A completare il germoplasma indigeno siciliano contribuiscono circa altre venti varietà meno diffuse.

Ulivi Sicilia Foodscovery

La pianta dell’ulivo, coi suoi frutti, è uno dei simboli della cultura isolana, nonché uno dei fulcri della economia locale. La Sicilia è tra le prime regioni d’Italia per produzione di olive ed olio.  Fonte foto: /www.colturaecultura.it

La pianta

L’albero dell’ulivo è citato nei testi di Omero, nella Bibbia e nei testi arabi e nei graffiti egiziani.

L’olivo, con molta probabilità, è stato introdotto in Sicilia dai Fenici, tra il IV e l’VIII sec. a.C., come dimostrano le testimonianze di Diodoro Siculo sugli insediamenti fenicio-cartaginesi di Akragas. Fu pianta sacra anche per i Sicelioti, i greci di Sicilia, che punivano con l’esilio chi sradicava gli ulivi. La tradizione vuole che l’ateniese Aristeo, insegnò agli antichi siciliani come estrarre l’olio, inventando “u trappitu” (tradizionale oleificio a pressione). Ma, fu con la dominazione araba che la coltivazione dell’ulivo fu maggiormente praticata.

Tutt’oggi vengono adoperati nel dialetto locale alcuni termini arabi come: Giarra, tipico recipiente d’argilla specifico per tenervi l’olio; Burnia, vaso di argilla cotta per riporvi le olive; Coffa, corda intrecciata atta a contenere la pasta, da porre sotto il torchio; Tumminu, misura di capacità per le olive. In epoca successiva, i monaci Benedettini e Cistercensi si applicarono per diffondere tecniche agronomiche e di coltivazione razionali e favorirono la diffusione dei frantoi.

La raccolta delle olive, viene fatta prevalentemente a mano, a partire dal mese di settembre fino a gennaio, differenziata in base all’altitudine.

“Nocellara Etnea” 

Nota anche con vari sinonimi tra cui Augghialora, Paturnisa e Tortorella, la Nocellara Etnea è tipica delle zone interne ed orientali della Sicilia; essa è una varietà autoctona, ampiamente diffusa nella piana di Catania assieme agli aranceti.

Si tratta infatti di una pianta abbastanza vigorosa, con una certa rusticità, dal portamento espanso e dalla chioma mediamente densa.  La forma delle foglie è lanceolata e leggermente affusolata con dimensioni medie sia in larghezza che in lunghezza. Di forma ellittica ed un po’ asimmetrica, questi frutti hanno apice appuntito e base arrotondata con umbone. In superficie, si notano delle lenticelle grandi. E’ una delle migliori per la produzione di olive da tavola verdi. Si segnala per la sua duplice attitudine: consumo da tavola e produzione di olio extravergine.
L’olio si caratterizza principalmente per il suo bassissimo livello di acidità ed il suo sapore tendenzialmente amaro e piccante. Si addolcisce se le olive sono raccolte ben mature. L’oliva Nocellara Etnea è utilizzata anche per la lavorazione in salamoia.

Produzione Olio

La storia, il fascino dell’unicità del paesaggio e le tecniche di lavorazione concorrono a fare dell’olio extravergine di oliva “Monte Etna” un prodotto molto apprezzato dagli intenditori.

La DOP MONTE ETNA

La storia, il fascino dell’unicità del paesaggio e le tecniche di lavorazione concorrono a rendere l’olio extravergine di oliva “Monte Etna” un prodotto molto apprezzato dagli intenditori. Il 25 agosto 2003 è nata la Denominazione di Origine Protetta “Monte Etna” con il riconoscimento, da parte dell’Unione Europea, dei requisiti di tipicità dell’olio extra vergine di oliva, legati al territorio etneo.

La zona di produzione dell’olio extravergine di oliva Monte Etna DOP interessa le province di Catania, Enna e Messina posti alle pendici del Mongibello, tra i 100 e 1000 m s.l.m. Le caratteristiche orografiche e la natura dei suoli dell’area di produzione sono caratterizzate da ciò che resta dall’attività vulcanica.

Oggi sull’Etna la “cultura dell’olio”, parte integrante e preponderante della cultura delle sue genti, è simbolo di qualità della vita e di rispetto di ataviche tradizioni.

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Oggi come ieri, l’olivo coi suoi frutti, continuano ad essere legati all’essere umano e al suo sviluppo, configurandosi come”oro liquido”, “oro giallo” patrimonio su cui spendersi ed industriarsi per ricavare benessere e risollevare le sorti economiche della nostra Terra. Fonte foto: Latuacasainabruzzo.it

Apprezzamenti

Testimonianza dell’importanza della produzione oleicola “Etnea” si riscontra nell’opera dello scrittore del cinquecento Pietro Bembo che, nel suo “De Aetna”, cita la bontà ed il pregio dell’olivo etneo. 

Per tutto il 1800 e i primi del 1900, l’olio di oliva dell’Etna è stato conosciuto ed apprezzato da molti consumatori italiani ed europei, grazie ai notevoli quantitativi commercializzati dal porto di Catania verso l’estero. Tanti sono stati testimoni di questa produzione locale il naturalista Lazzaro Spallanzani, gli scrittori Stoppani, Goethe, Guy de Maupassant e tanti altri. Una nota entusiasta e` quella fatta da Tocqueville nel marzo del 1827 durante il tradizionale gran tour in Sicilia, dove a proposito della zona dell’Etna parla di presenza di prosperità ed abbondanza grazie alle
coltivazioni locali di olivo rese particolarmente fertili grazie alle peculiari proprietà conferite ai terreni dal vulcano.

La rete delle Città dell’Olio

Tra le città della provincia di Catania che si occupano di produzione di olio figurano:

  • Adrano,
  • Belpasso,
  • Biancavilla,
  • Bronte,
  • Camporotondo Etneo,
  • Castiglione di Sicilia,
  • Maletto, Maniace,
  • Motta S. Anastasia,
  • Paterno’,
  • Ragalna,
  • Randazzo,
  • Santa Maria di Licodia,
  • San Pietro Clarenza.

Esse sono inserite nel circuito della cosiddetta rete delle città dell’olio, fondata a Larino (Campobasso) nel  1994.

 Alìvi cunzàti, scacciàti e in salamoia

Tra gli usi più diffusi delle olive siciliane c’è quello delle olive schiacciate e condite, uno degli immancabili contorni, protagonisti delle nostre tavole.

Le tipiche Alìvi cunzàti e Alìvi scacciàti  si preparano, all’inizio dell’autunno, quasi in tutte le case. Si comincia con lo scegliere le olive più grosse e polpose e schiacchiarle una dopo l’altra, con un sasso. Dopo si mettono dentro una ciotola con acqua fredda e salata, cambiandola per 20 giorni, fino a quando le olive non diventano scure e avranno eliminato l’amaro. Ecco la salamoia: acqua bollita con sale e fatta raffreddare. Successivamente le olive si lavano e si toglie il nocciolo. Occorre poi farle asciugare su di un panno e procedere poi col condimento vero e proprio, immergendole nei barattoli di vetro sterilizzati. Dopo un mese si possono gustare ricorrendo ad aglio, peperoncini, origano, prezzemolo, alloro ecc.

Esse si mostrano in bella vista nei numerosi e colorati banchi dei mercati storici catanesi della fiera di piazza Carlo Albero, della pescheria.

Oggi come ieri, l’olivo coi suoi frutti, continuano ad essere legati all’essere umano e al suo sviluppo, configurandosi come”oro liquido”, “oro giallo” patrimonio su cui spendersi ed industriarsi per ricavare benessere e risollevare le sorti economiche della nostra Terra.

Vedi anche: https://catania.italiani.it/scopricitta/la-tradizione-della-passata-di-pomodoro-fatta-in-casa-i-buttigghi/

Fonti:

http://sicilyweb.com/olio_sicilia/

http://www.dopmonteetna.it/

http://www.teatronaturale.it/

La cultura dell’olio in Sicilia: caratteristiche e storia dell'”oro liquido” ultima modifica: 2018-10-02T10:31:29+02:00 da SABRINA PORTALE

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