La macchia mediterranea è tipica della nostra zona. Vuoi o non vuoi i nostri sguardi, prima o poi, si sono soffermati su una delle moltitudini di piante o arbusti che ne fanno parte. Di certo, la macchia mediterranea non è una banale “macchia“. Bensì, è un intreccio fitto e inespugnabile di arbusti, cespugli e ciuffi. Essi crescono gli uni stretti agli altri, come tendenti ad un abbraccio costante, per paura che le intemperie esterne possano estirparli. All’interno del nodo impenetrabile, alcuni animali trovano il benaugurato rifugio, facendo della macchia un castello inespugnabile aspro e dolce.
La macchia mediterranea è un ecosistema, dunque, che si sviluppa nelle zone che circondano le coste del Mediterraneo, come la nostra. Cresce sotto al sole cocente, nella siccità e anche negli imprevedibili nubifragi e grandini, facendo da madre a creature vegetali e animali. Tutto ciò rende questo speciale angolo di mondo tipico delle nostre aree, tipico della nostra Catania. Esso è raro e, dunque, ci dovrebbe inclinare al suo rispetto, alla salvaguardia e alla conoscenza. Un intricato intreccio di biodiversità che trova sfogo nella fantasia della Natura, che in esso sembra aver dato adito alla parola “creazione” senza se e senza ma.
Con itCatania alla scoperta dei miti della Macchia Mediterranea
Oggi, con #itCatania, andremo alla scoperta di alcune delle mille facce della vegetazione che all’interno della Macchia Mediterranea proliferano. Soffermandoci non sull’aspetto meramente botanico, di vitale importanza, bensì su quello mitologico. Infatti, le piante che all’interno della macchia vivono sono le stesse di millenni fa e le stesse che hanno visto svilupparsi la civiltà, così come noi la conosciamo. In esse, gli uomini del passato hanno intravisto delle “storie”. Queste storie, miti o leggende, aiutavano alla comprensione della vita, dell’esistenza, risultavano fondamentali così come l’uso di quelle piante, in molteplici ambiti della vita.
Il Rosmarino, rosmarinus officinalis
Iniziamo da quelle che vengono definite, comunemente, le piante aromatiche. Sì, perché la Macchia Mediterranea della nostra zona ospita al suo interno piante come il rosmarino, la salvia o l’alloro. Legati a queste piante c’è un mondo mitologico incredibile….Ma andiamo per ordine. Ovidio nelle “Metamorfosi” racconta che Apollo, il dio del Sole, s’innamorò perdutamente di una mortale: la principessa Leucotoe. Leucotoe era la figlia del re Orcamo, essa veniva tenuta segregata sotto il controllo del padre nel palazzo. Venere era la fautrice di questo innamoramento, dacché il suo scopo era quello di vendicarsi con il dio del Sole, che l’aveva scoperta in amore con Marte.
Apollo, per riuscire a rimanere solo con lei, si trasformò nella madre della fanciulla, riuscendo ad entrare così nella sua stanza. A quel punto, la sedusse e la fece sua. Il padre, venuto a conoscenza del disonore, grazie ad una ninfa innamorata del dio ma rifiutata, Clizia, si infuriò. Uccise la figlia, seppellendola viva. Si narra, a questo punto, che i raggi del dio Sole, che irradiavano la tomba della giovane, trasformarono il corpo della principessa morta in una splendida e profumata pianta dalle foglioline sottili e dai fiori di color azzurro-violaceo: il rosmarino. Esso si ergeva verso il cielo con animo eterno e di libertà da un lato, ma legato, dall’altro lato, saldamente da possenti radici alla terra.
Salvia, salvia officinalis
Un altro mito, questa volta, cristiano è legato alla piante aromatiche della Salvia. Infatti, questa pianta da sempre è considerata anche una pianta dalle miracolose proprietà terapeutiche ed i greci e i romani lo sapevano bene. Essa per le civiltà antiche era governata direttamente dal dio degli dei, Zeus (o Giove). Aveva proprietà benefiche soprattutto per il fegato e rigeneranti per il sangue. Un mito, questa volta legato alla religione cristiana, racconta che quando la Sacra Famiglia fuggì in Egitto, per evitare le ire di Erode, soltanto la umile salvia accettò di nascondere Gesù Bambino dalla vista dei soldati. La salvia lo prese con se’ e lo fece riposare su un morbido giaciglio fatto con i suoi fiori. La Madonna, dunque, per ringraziare la salvia della sua generosità, la benedì e le fece dono delle qualità terapeutiche che la caratterizzano.
L’Ulivo, olea europaea
L’Ulivo rappresenta sicuramente l’albero da frutto più associato alla macchia mediterranea e, non a caso, possiede una varietà di vicende mitologiche che lo legano non solo alla mitologia classica della Grecia, ma anche a quella della religione cristiana. Per i greci l’Ulivo fu una creazione della dea Atena. Infatti, Atena, la dea guerriera ma anche ispiratrice della saggezza, creò l’ulivo in occasione della contesa tra lei e Poseidone sulla sovranità dell’Attica. Zeus, sapendo che la sua figlia prediletta era dotata di un’intelligenza astutissima, decise che l’Attica sarebbe spettata a chi avrebbe fatto il dono più utile e bello a questa regione montuosa della Grecia.
Poseidone, dio del mare, toccando con il suo tridente la terra generò un nuovo animale: il cavallo. Atena, invece, percorse il suolo con il suo giavellotto e dal terreno fece sorgere una pianta d’ulivo con i suoi tondeggianti frutti. Vinse Atena e l’Attica divenne la sua terra. L’Ulivo divenne sempre più simbolo di sapienza, di saggezza e di pace. Nella religione cristiana l’ulivo rappresenta, infatti, il simbolo di pace per eccellenza.
Ilatro, phillyrea latifolia
L’Ilatro è certamente uno degli arbusti sempreverde più frequenti della macchia mediterranea della nostra zona. Non raggiunge altezze che superano gli 8 cm e le sue foglie racchiudono fiori piccoli e bianchi, mentre i frutti sono drupe carnose, simili ad olive. Il nome trae origine, ovviamente, dalla mitologia greca. Filira era una ninfa marina, la cui bellezza era così grande e intensa che fece innamorare Kronos, il padre di Zeus. Per soddisfare il suo amore, tenendo all’oscuro la compagna Rea, Kronos si trasformò in un cavallo e rese tale anche Filira.
Dalla loro unione nacque il primo centauro, Chirone. Chirone era il simbolo della bestia e dell’uomo, perché mezzo cavallo e mezzo uomo. Filira fu così sconvolta da questa nascita abominevole, che chiese agli dei di essere trasformata in albero: così fu. In un attimo, le coste del Mediterraneo si popolarono di fillirea.
Ginepro, juniperus oxycedrus L.
Addirittura dall’antica civiltà assiro-babilonese ci arriva la storia mitologica legata al Ginepro. Il ginepro rosso è una delle specie caratteristiche della nostra macchia mediterranea. Già nella culla della civiltà occidentale questa pianta esisteva ed era considerata sacra, legata alla dea Ištar. Ištar era la dea più potente e più temuta dagli antichi abitanti della Mesopotamia.
Ištar era anche la dea del sesso e della guerra, due elementi che venivano considerati due facce della stessa medaglia. Ella poteva portare la malattia e la distruzione, ma anche l’amore e la fertilità. Amore e morte. I mesopotamici bruciavano le bacche ed i ramoscelli di Ginepro per onorare Ištar. Il Ginepro dai greci viene chiamato “arkeuthos”, dal verbo arkéo, che vuole dire respingere un nemico. La pianta della macchia mediterranea veniva usata, infatti, per proteggersi dagli spiriti maligni e dalle malattie.
Lentisco, Mirto e Salsapariglia, ecco le star della macchia mediterranea
Nell’antica Grecia il Lentisco era consacrato a Dictymna, una ninfa di Artemide, che amava adornarsene. Lo stesso facevano le vergini elleniche imitandola. Per questo motivo ha evocato, da sempre, simboli di purezza e di verginità.
Il Mirto è un cespuglio che non supera i 6 cm, molto ramificato. E’ tra le piante più longeve della macchia mediterranea. I suoi fiori sono profumati, bianchi o rosa. Sono filamentosi e delicati. Mentre le sue bacche sono globose di color nero-azzurrastro. Legato al nome di Venere, dea dell’amore, il Mirto compare infatti in numerose leggende. Alcuni ritengono che la dea, dopo il giudizio di Paride, si cinse di una corona fatta con questa pianta. Un’altra leggenda, invece, sostiene che la dea, quando nacque, uscendo nuda dalla schiuma del mare, si rifugiò dietro un cespuglio di mirto, per nascondersi dagli sguardi bramosi di un satiro.
La salsapariglia nostrana (smilax aspera) è una pianta nota in Italia col nome stracciabraghe o strazzacausi. Infatti, presenta delle spine acutissime su tutto il fusto. Le sue foglie sono a forma di cuore e i fiori piccoli, gialli e profumatissimi. I frutti sono bacche rosse, insipide e poco appetibili per l’uomo. La mitologia greca racconta che un giovane di nome Crocos si innamorò perdutamente della ninfa Smilax. Gli dei per rendere il loro amore eterno resero i due immortali, trasformandoli in due piante, il croco e la smilax, cioè la salsapariglia. Il croco, pianta cespugliosa dai fiori stupendi e delicati, così giace nella macchia mediterranea insieme con la salsapariglia spinosa e smaliziata ancora oggi, amandosi in eterno.
Mandragola e Corbezzolo, piante simbolo della Macchia
La Mandragora è una pianta cespugliosa che nell’uso comune viene ormai chiamata Mandragola. Le sue radici sono caratterizzate da una peculiare biforcazione, che ricorda la figura umana, sia maschile che femminile. Avendo, inoltre, proprietà anestetiche incredibili, fin dall’antichità ha creato attorno a sé un insieme di credenze e miti fantasiosi e misteriosi. Nell’antica Roma, addirittura, si credeva che la Mandragola fosse abitata da un demone e che, una volta estratta dal terreno, questo si sarebbe risvegliato e il suo urlo avrebbe ucciso chi l’avesse incautamente raccolta.
Il Corbezzolo, o arbutus unedo, è un albero da frutto tipico della macchia mediterranea i cui frutti sono di un colore accesso che va dal giallo al rosso. Questa pianta viene considerata uno dei simboli della Italia Unita. Infatti, il corbezzolo mantiene contemporaneamente, fra i suoi rami, fiori e frutti. Così, in autunno, si viene creare un contrasto cromatico che fa pensare alla bandiera dell’Italia. I frutti sono di un bel rosso acceso. I fiori di un bianco candido. Il tutto unito al verde delle foglie.
Pascoli dedicò al Corbezzolo della macchia mediterranea anche un ode, in cui racconta la vicinanza della pianta alla storia di Pallante dell’Eneide. Pallante era un giovane italico, che aiutò morendo Enea, per la fondazione di Roma. Egli ebbe un feretro tutto ornato da rami di corbezzoli ricchi di fiori e frutti. Così i colori della bandiera Italiana lo accompagnarono nella processione, senza che ancora si sapesse nulla riguardo al futuro della nostra Nazione.
Mille miti ancora all’interno della Macchia Mediterranea..
La macchia mediterranea è un groviglio di piante, ma anche di storie. Una moltitudine di vite che si ingarbugliano fra i rami di specie sempreverdi, resistenti alle intemperie e all’avidità umana. Corrono le loro radici attraverso i secoli, restituendoci oggi, nel 2019, un patrimonio non solo naturale, ma anche e soprattutto culturale. E tutto questo qui, proprio nelle nostre zone.
L’esempio concreto che il mondo, nel suo piccolo e nel suo immenso, va avanti senza sosta e senza abbattimenti.