A tu per tu con il presidente di Arcigay Catania Armando Caravini

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A tu per tu con il presidente di Arcigay Catania Armando Caravini

Intervista della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling- Viagrande Studios

Intervista al presidente di Arcigay Catania Armando Caravini, alla scoperta della Comunità LGBTQI+ a cura di Simone Cappuccio, studente della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios 

Armando Caravini è un uomo sulla trentina che porta la sua testimonianza con una grande energia, propria di chi è davvero motivato e votato a una causa. La sua carica, mentre risponde alle mie domande, è magnetica e consente spontaneamente al nostro dialogo di affrontare vari temi sensibili. Siamo seduti uno di fronte all’altro e l’intervista comincia con disinvoltura, partendo dal primo tema che gli chiedo di affrontare insieme: 

Riguardo al percorso travagliato e ancora sospeso del DDL Zan, cosa ne pensi della situazione politica italiana in relazione alla salvaguardia dei diritti delle persone LGBTQI+?

Lui risponde disincantato che «in Italiada sempre, esiste un’ingerenza religiosa. Molti deputati e senatori fanno riferimento all’ideologia cristiana e ne danno voce, anche se non esiste più un partito forte di ispirazione cattolica come fu la Democrazia Cristiana. C’è però una differenza tra la prima repubblica e l’attuale. C’è la voglia di partecipazione da parte della gente, la voglia di dire anche no. I referendum sui diritti civili, sul divorzio e sull’aborto sono passati nonostante una classe dirigente italiana sempre inadeguata. Mi riferisco chiaramente alla promozione di diritti civili in modo generico, qualunque essi siano, da quelli per la comunità che rappresento a quelli per le donne o per le diverse minoranze.

La legislatura del nostro Paese su questi temi è sempre in ritardo, eppure dopo la tagliola per il disegno di legge Zan abbiamo assistito ad applausi e festeggiamenti come se fosse stata una grandissima vittoria. Sono pessimista sull’approvazione di questo DDL, i tempi purtroppo sono troppo stretti perché questo governo lo approvi».

Viagrande Studios- presidente arcigay catania
Viagrande Studios- presidente arcigay catania

Hai menzionato l’influenza della Chiesa nella politica italiana. A questo proposito ti chiedo cosa ne pensi dell’annunciata apertura di Papa Francesco verso i cattolici LGBTQI+ in occasione della lettera di risposta al padre gesuita James Martin, che svolge il suo apostolato tra loro.

Armando risponde causticamente, argomentando così la sua posizione: «Non penso! Mi spiego meglio: ho profondo rispetto per le persone che hanno fede, appartenenti a qualsiasi religione. Possono certamente fare piacere frasi del Papa di questo tenore, sebbene ne abbia dette altre meno piacevoli. Eppure nemmeno con questo Papa emerge un tema importante: perché la Chiesa non parla mai d’amore omosessuale? Non lo riconosce, se non come devianza, come problema. Ma il vero problema è che l’Italia, pur essendo uno stato laico, continua a essere influenzata dalle posizioni cristiane di molti politici». 

Continuiamo a riflettere ancora sulla situazione italiana ma allargando il nostro punto di vista al panorama mondiale, e gli chiedo quali siano le sue considerazioni rispetto alle zone in cui la comunità LGBTQI+ va incontro a leggi punitive o a una diffusa discriminazione. 

Quanto dice questo sul rispetto dei diritti umani?

«Tra tutti i paesi occidentali e democratici, dove comunque siamo fortunati a vivere, l’Italia è quello più bigotto. La nostra comunità deve tenere alta l’attenzione perché basta un cambio di governo per perdere i diritti conquistati con le battaglie. L’ho ribadito già durante il Gay Pride del 2017, dopo l’entusiasmo della legge Cirinnà in cui è comunque esclusa l’adozione. Le battaglie vanno portate a termine, fino alla fine, senza mai distogliere l’attenzione. Situazione purtroppo ben diversa e molto grave in Africa, dove vigono dittature. ArciGay Catania si sta organizzando per devolvere parte dei fondi raccolti all’Uganda Pride, dove gli attivisti rischiano la vita ogni giorno perché si tratta di uno dei paesi più omofobi al mondo.

presidente di Arcigay Catania Armando Caravini
presidente di Arcigay Catania Armando Caravini- intervistato da uno studente della scuola biennale di scrittura e storytelling di Viagrande Studios

Uno scenario peggiore è quello dell’Arabia Saudita e dell’Iraq perché qui è prevista la condanna a morte, la fustigazione o il carcere. In questi paesi autoritari l’omosessualità è considerata un anello debole della società, da estirpare, perché in contrasto alla visione patriarcale, alla cultura della procreazione e della donna come “angelo del focolare”. Anche in Russia è impossibile uscire con una bandiera arcobaleno, perché l’omosessualità deve restare privata, “senza influenzare i bambini”, pena azioni punitive. È terribile anche la condizione in Bielorussia: quando l’UE denunciò i campi di concentramento per omosessuali il presidente rispose che non c’erano né campi di concentramento né omosessuali perché in Bielorussia, qualora ci fossero stati omosessuali, non sarebbero arrivati all’adolescenza perché fatti fuori prima dalla famiglia».

Torniamo a focalizzarci sulla comunità LGBTQI+ in Occidente e sul tema del coming out, e chiedo ad Armando quale consiglio darebbe a una persona che nel suo percorso sta scoprendo la sua identità sessuale e/o di genere. 

«Vivere serenamente la scoperta e le proprie esperienze – afferma – La famiglia è la prima preoccupazione, poi il contesto scolastico, se è omofobo o meno. Su questo fronte l’Arcigay e l’Arcigay Catania vogliono portare avanti un’attività di sensibilizzazione. Chi vive l’omosessualità ha necessità di vivere rapporti sinceri, soprattutto in famiglia. L’appoggio familiare rende potenti, e anche più impermeabili agli insulti. È giusto anche ribadire che i figli omosessuali devono rispettare i tempi di comprensione dei genitori. Porto il mio esempio personale: quando ho fatto coming out ho dato il tempo ai miei genitori di capire che loro figlio non era cambiato, che era stato sincero e che li voleva come sempre parte della sua vita. Rispettiamo il tempo dei genitori, perché la consapevolezza fa parte del loro percorso».

Quando viene fondata Arcigay Pegaso Catania e con quali scopi? È in correlazione con la rete italiana?

«Certamente, siamo affiliati ad Arcigay nazionale che ha sede a Bologna, io sono consigliere nazionale. A Catania siamo nati nel 1993 come ARCI, mentre il comitato territoriale oggi attivo è nato nel 2006. Lo scopo principale è la tutela della comunità LGBTQI+. Tesserarsi è importante, anche per far capire al legislatore quanto è grande la comunità. Il primo nucleo di quello che poi divenne Arcigay si formò in Sicilia nel 1980, a Palermo, come estensione della commissione nazionale per i diritti civili dell’ARCI, sull’onda emotiva scaturita dal delitto di Giarre (l’omicidio di due giovani omosessuali per mano del nipote minorenne di uno dei due, ndr).

In seguito nell’85 Franco Grillini fondò l’associazione nazionale. Arcigay è un megafono culturale che ha dato e dà voce a tante realtà. Se oggi è diminuita la paura di due uomini di poter camminare mano nella mano si deve alle associazioni che sensibilizzano le coscienze attraverso i Pride, le attività, gli eventi. Noi lottiamo dando spazio alla cittadinanza.

Un altro tema sensibile per la nostra comunità e per l’Arcigay Catania è quello dell’HIV.

Abbiamo siglato un protocollo d’intesa con l’ASP di Catania per la somministrazione di test gratuiti. È una battaglia a cui teniamo perché quando negli anni ‘80 scoppiò la malattia dell’AIDS fu chiamata il “cancro dei gay”. Non capivano che in realtà tutto dipendesse soltanto dal fatto che fosse scoppiata in un focolaio gay. “È la punizione di Dio” dicevano. Abbiamo fatto dure battaglie per levarci di dosso questo stigma. Oggi l’ignoranza sulla malattia appartiene più agli etero che agli omosessuali, perché noi ci siamo informati e sensibilizzati. Parlare di preservativo e rapporti protetti nelle comunità gay è normale, invece per gli etero equivale solo a non mettere incinta la ragazza, piuttosto che a proteggersi dalle malattie. Ricordiamo che le infezioni non scoppiano a causa di orientamenti sessuali ma per comportamenti non protetti».

All’interno dell’Arcigay Catania ricopri la carica di presidente, in cosa consiste il tuo ruolo?

«Rappresento legalmente e politicamente l’associazione. Per otto anni ho presieduto l’Arcigay Siracusa, e da due guido quello di Catania. Ho una grande squadra che mi accompagna, fatta da gente che ci crede e che sa lavorare. Il presidente poi rappresenta l’associazione con le istituzioni e presiede il consiglio direttivo, ma il vero potere è naturalmente in mano all’assemblea che vota le decisioni».

Puoi consigliare opere letterarie e/o saggistiche sull’omosessualità?

«Il primo consiglio è “Chiamami col tuo nome”, il romanzo di André Aciman. Il libro, rispetto al film di Luca Guadagnino, scava molto più in profondità nel sentimento vissuto dal protagonista. Riguardo all’attualità e alla situazione sociale e politica un’ottima analisi è quella di Dario Accolla in “I gay stanno tutti a sinistra”. Un libro molto forte, nato in un contesto storico passato, è “Elementi di critica omosessuale” di Mario Mieli. A distanza di più di 40 anni dalla sua pubblicazione alcune posizioni espresse riguardano molto da vicino l’attuale comunità LGBTQI+. Sulle tematiche delle donne consiglio i testi di Virginia Woolf, mentre per quanto riguarda le persone transessuali c’è ancora purtroppo un’assordante assenza letteraria».

a cura di Simone Cappuccio, studente della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios

A tu per tu con il presidente di Arcigay Catania Armando Caravini ultima modifica: 2022-10-05T09:57:07+02:00 da Redazione

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