Chi era Orazio Oteri? Un uomo semplice con una storia commovente e finito nel dimenticatoio. Un lavoratore con un grande senso del dovere che ha aveva come scopo quello di custodire la Porta Garibaldi come un prezioso tesoro da salvaguardare.
Sono davvero pochi coloro che conservano il ricordo di questo uomo. Il giornalista Salvatore Nicolosi ha raccontato le vicende di Orazio Oteri paragonando il suo desolato racconto “a una Fiaba di Andersen”.
L’orologio rubato nel ’43 e l’approdo di Orazio Oteri
Ai più è nota la storia della Porta Garibaldi, per molti conosciuta anche col nome di Porta Ferdinandea, sormontata da un grande orologio. Si racconta che nel 1943, nel pieno dramma delle continue incursioni della Seconda Guerra Mondiale, alcuni giovani ladri si impossessarono del suddetto orologio. Saliti su per la stretta scala che porta in cima alla Porta Garibaldi, smontarono tutti gli ingranaggi e si portarono via le varie parti che componevano l’oggetto tanto ambito: bilanciere, sfera, denticuli, girelle, troclee. Non lasciarono niente, se non le loro tracce di ladri principianti. Dopo poco tempo, infatti, furono arrestati, ma l’orologio non rientrò subito in funzione perché non riuscirono a recuperare gli tutti ingranaggi.
Dopo qualche anno, grazie agli abitanti del quartiere del Fortino, che fremevano per riveder l’amato aggeggio in funzione, il Comune decise di ricostruire di sana pianta un nuovo orologio da collocare alla sommità della Porta Garibaldi.
Nel 1946, una cooperativa di lavoratori agricoli chiese al Comune, e ottenne, di poter usare come propria sede uno stanzino al piano terra di uno degli elementi dell’arco catanese. Nel bugigattolo, così, si installò Orazio Oteri che divenne custode, assieme alla sua famiglia, della Porta e dell’orologio.
L’incomprensione che gli costò la casa e il lavoro
Uomo mite, Orazio Oteri fu un custode eccellente. Dopo che la cooperativa per cui lavorava si dissolse, iniziò a lavorare in un’agenzia di disbrigo pratiche. Il Comune decise di conferire a Oteri l’uso dei locali all’interno della Porta Garibaldi, a patto che egli custodisse l’enorme orologio. Ogni mattina esso necessitava di “carica”, quindi Orazio Oteri alle 8 in punto saliva a regolarlo aiutandosi con una manovella e non di rado si cimentava anche con la pulizia del macchinario.
Nel 1952, mentre Oteri era assente, un vigile urbano vide che nei pressi dell’ingresso dei locali si trovavano alcune bombole a gas. Il vigile ritenne opportuno segnalare il caso, accusando l’uomo di “detenzione e vendita abusiva di gas liquido”. In realtà quelle bombole non appartenevano a Orazio Oteri, bensì a un suo amico che gli aveva chiesto di custodirle momentaneamente. Orazio protestò per l’accaduto, ma questa vicenda gli costò un avviso di sfratto.
La morte di Orazio Oteri: spirò per “forte dispiacere”
Il rinvio a giudizio e gli abitanti del quartiere alle sue difese non fecero cambiare il destino di questa famiglia. Il 10 luglio 1954 la famiglia Oteri abbandonò i locali di Porta Garibaldi. La sera del 9, dopo aver sistemato le proprie masserizie su un carretto, Orazio Oteri andò a letto frastornato, con mille pensieri. Dove sarebbero andato a vivere? Chi avrebbe caricato l’indomani l’orologio? Il giorno dopo la moglie, svegliatasi presto, si accorse che suo marito era morto. L’improvviso decesso stupì tutti, compreso il medico che conosceva bene l’uomo, perché Orazio aveva solo 33 anni e godeva di una buona salute. Sul certificato di morte verrà scritto che la probabile causa del decesso fu un “forte dispiacere”.
L’orologio, poiché nessuno l’indomani lo caricò, si fermò. Il Comune consegnò i locali di Porta Garibaldi alla famiglia Oteri e il ruolo di custode alla vedova. Tornò, quindi, a vivere nel bugigattolo di Porta Garibaldi e nessuno più osò sfrattare quella famiglia.
Ringrazio la pagina Obiettivo Catania per avermi fatto scoprire le vicissitudini della famiglia Oteri e il dramma di un pover’uomo tanto diligente nel suo lavoro.