Sapevate che il primo cortometraggio animato italiano era stato girato da Ugo Saitta, regista catanese nonché primo documentarista di rilievo della Sicilia?
Si intitolava Teste di legno e la sua realizzazione ha dello straordinario. Torniamo, quindi, a parlare di cinema e regia.
Quello di Ugo Saitta è un nome oggi non troppo conosciuto (eccezion fatta per appassionati del settore o studenti), sebbene qualche anno fa fu protagonista di una serie di iniziative. Nel 2012 infatti, a cento anni dalla sua nascita, l’Università di Catania lo ha ricordato con una serie di eventi promossi dal DISUM e dal Teatro Stabile. Per l’occasione era stata a lui dedicata una due giorni che hanno visto la partecipazione della figlia, Gabriella Saitta, studiosi e attori di cinema e teatro. Nel corso dello stesso anno, il professor Alessandro De Filippo gli ha dedicato due pubblicazioni: la monografia Ugo Saitta, cineoperatore. Il cinema come speranza di riscatto per la Sicilia e l’ebook Ugo Saitta, un album di ricordi. Analisi di una stagione cinematografica.
Ma vediamo di scoprirne un po’ di più.
Ugo Saitta, documentarista catanese
Ugo Saitta nasce a Catania il 14 giugno 1912. Ancora giovanissimo, si appropria sin da subito della macchina da presa iniziando la sua carriera da documentarista (ma non solo, in seguito). È infatti del 1934 il suo primo documentario in cui trionfa l’Etna – uno dei suoi soggetti preferiti – dal titolo Terra, mare, cielo. Questo primo della sua lunga serie di documentari presenta già il suo stile documentaristico, ovvero un approccio che è anche cinematografico, commisto talvolta con la finzione.
Obiettivo dei documentari di Saitta (o cinedocumentari, se pensiamo al suo tempo e contesto) è quello di mostrare i due volti della Sicilia: da un lato la sua abbagliante bellezza e varietà paesaggistica; dall’altro, l’arretratezza e la sofferenza dei suoi abitanti. A tal proposito va citato il documentario Zolfara, definito poi il primo vero documentario neorealista, che si fa portavoce e denuncia di una condizione sociale.
Nei documentari di Saitta, realizzati tra gli anni Trenta e gli anni Settanta, ad essere immortalata è, in qualche modo, la storia della Sicilia di quel periodo. E anche l’obiettivo, o forse la speranza, di fondo del regista: quello di riuscire a riscattare la sua terra proprio grazie al cinema.
Pisicchio e Melisenda: il primo cortometraggio animato italiano
La chicca, però, a cui avevamo promesso di dedicare la nostra attenzione, è Pisicchio e Melisenda (rinominato poi dallo stesso Ugo Saitta come Teste di legno). Si tratta del primo cortometraggio animato realizzato in Italia – siamo ancora nel 1939 – e porta la sua firma. Nella nostra nazione è una vera e propria novità: non esistevano al tempo delle scuole di animazione, come invece nei paesi dell’Est. La tecnica utilizzata da Saitta è quella dell’animazione a fotogramma singolo, nota anche come “passo uno”. Il passo uno prevede la ripresa di piccoli movimenti di pupazzi ( come nel suo caso) o oggetti in generale scattando con la macchina da presa ogni singolo fotogramma.
Quanti fotogrammi pensate siano stati necessari per realizzare il suo corto di undici minuti? La cifra è impressionante: ben 16902, selezionandoli da un numero iniziale di 90.224. Grande attenzione, inoltre, è stata riservata ai particolari. a muoversi non sono soltanto i pupazzi protagonisti, ma tutto il set: dalle tende della finestra da cui si affaccia la bella Melisenda, alle foglie agitate da un presunto vento.
E i numeri non sono finiti qui: per terminare la sua opera il regista impiegherà undici mesi di lavoro. Praticamente un mese per ogni minuto del suo cortometraggio.
Il soggetto del cortometraggio
Quella messa in scena da Ugo Saitta è una fiabesca storia d’amore tra pupazzi di cartapesta, Pisicchio e Melisenda per l’appunto, osteggiati nel loro sentimento dal Castellano della Contrada Antica. Quest’ultimo, ricco e prepotente come ogni buon cattivo delle favole, rapisce Melisenda. Pisicchio, don Chisciotte in cartapesta, si arma e con il suo fido asino, Quieto Manzo, corre a salvarla. L’eroe della storia, però, non è chi vi aspettereste: non sarà il goffo e distratto Pisicchio a liberare la sua bella, bensì il suo asino, con l’aiuto di un picchio. Ma basterà di certo questo a rovinare l’happy ending: Melisenda, infatti, non lo scoprirà mai!
Il risultato di tanto lavoro fu presentato alla VII Mostra di Venezia (1939), ottenendo tanta curiosità ma, soprattutto, successo. Critica e pubblico, infatti, rimasero affascinati dal corto e da questa tecnica della quale in Italia mancavano precedenti.
Vogliamo concludere dandovi un assaggio di quest’opera. Ultima annotazione, per i più curiosi: i film di Ugo Saitta sono oggi custoditi presso la Filmoteca Regionale di Palermo.