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El Pibe de oro, Maradona, se ne va: il ricordo di Catania

El Pibe de oro, un ricordo

E’ proprio il caso di dirlo, Diego Armando Maradona, el Pibe de oro se ne va portando con sé una delle parti più belle del gioco del calcio, se non la più bella. Una delle luci più intense, l’unico che con Pelé condivide il titolo di miglior giocatore del XX secolo. L’unico a cui si pensa quando si pensa a quel pallone, a quel campo verde e a quei 90 minuti in cui il mondo resta fuori ed iniziano a giocare gli eroi.

Una partita che valeva la vita

Sì questo strano anno, il 2020, ci porta via anche el Pibe de oro, la mano de Dios. L’uomo che smarcò un’intera squadra, quella dell’Inghilterra, rimanendo solo davanti alla porta e segnando quel gol in quella partita, che era più di una partita dei mondiali. Quelli che non erano soltanto i quarti di finale della maggiore competizione esistente nel gioco del pallone. Una partita che rappresentava, in realtà, una vera e propria rivincita storica. Solo quattro anni prima, infatti, l’Argentina aveva subìto una pesante sconfitta militare contro il Regno Unito, nella guerra per riappropriarsi delle Isole Falkland. Guerra che sancì la vittoria del Regno Unito e la perdita dell’arcipelago per l’Argentina. Maradona, però, in quel campo nel 1986 fece vedere a tutti che l’Argentina possedeva qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto portargli via. Possedeva la mano de Dios.

Maradona Gol Napoli 1987 1988
Diego Armando Maradona- Gol Napoli 1987 1988

El Pibe de oro, una tridimensionalità che lo rende umano

Quando si parla di Maradona si possono dire mille cose, perché, proprio come i più grandi uomini della storia, possiede tridimensionalità. Si potrebbe dire che era un calciatore, il più bravo che l’umanità abbia mai conosciuto, ma sarebbe davvero irrisorio per omaggiare il suo ricordo. El Pibe era un bambino, prima ancora che il calciatore che conosciamo tutti. Un bambino che aveva visto la povertà, sapeva cosa voleva dire riscattarsi dal nulla, riuscire a vincere i poteri forti. Riuscire. Aveva riscattato se stesso, la sua famiglia, la sua Nazione e così avrebbe fatto anni dopo col Napoli. Squadra quella del Napoli i cui colori paradossalmente sono uguali a quelli della sua terra: era destino che dovesse giocare lì, non trovate.

Napoli, una scelta che riscatta tutti!

El Pibe riscattò la città di Napoli, e ancora di più, riscattò il sud Italia solo con il suo arrivo. Non aveva ancora disputato un secondo di gioco, eppure già la sua presenza lì, la sua scelta, aveva fatto iniziare il cambiamento. Le squadre del sud all’epoca erano ghettizzate e boicottate da sempre nel calcio italiano (e non solo). Ora ritrovavano dignità, tutte. Ora il Napoli riemergeva, perché tra le fila dei suoi soldati c’era anche lui, Maradona.

Lui non aveva scelto la Juventus, il Milan o l’Inter, no lui aveva scelto il Napoli. Oppressa come la sua Argentina, fa risalire la squadra del Napoli e Napoli intera. Le fa vincere tutto, tutto quello che poteva vincere. Conquistando definitivamente il cuore dei Napoletani. I cittadini da allora considerano Maradona un Santo, gli dedicano ogni cosa, anche le preghiere. Diventa quell’eroe che guida la città contro gli oppressori verso la vittoria.

Una carriera d’oro quella di Maradona

Maradona non ha l’aspetto di un calciatore dotato. Tutti i critici del pallone hanno parlato del suo essere poco alto, del fisico poco aggraziato. Eppure, lui non giocava solo col fisico, lui giocava con la testa e con l’astuzia. Lui giocava col cuore. Egli stesso lo afferma più volte nella moltitudine di interviste rilasciate. La sua carriera è stata fantastica, costellata da vincite storiche, qua vogliamo ricordare solo quelle che hanno fatto tremare i cuori degli Italiani. Nel 1986 vince il mondiale con l’Argentina, diventa leggenda.

Diego Armando Maradona (ssc Napoli) Supercoppa Italiana 1990
Diego Armando Maradona- SSC Napoli Supercoppa italiana 1990

Con il Napoli vince il suo primo scudetto nel campionato del 1986-’87 e quella stagione con la squadra partenopea vince anche la Coppa Italia, mettendo a segno tutte le 13 gare. Nella stagione 1987-’88 il Napoli partecipa per la prima volta alla Coppa dei Campioni, ma viene eliminato dal Real Madrid. Nel 1990 vince un altro scudetto con il Napoli di Ferlaino. Quell’anno con l’Argentina arriva alle semifinali dei mondiali, proprio in Italia, contro l’Italia. Maradona con l’Argentina vincerà quella partita ai rigori. Perdendo poi la finale contro la Germania. Una partita quella contro l’Italia, che anche lì fu più di una partita dei mondiali. Divenne storia, delineando marcatamente la rottura tra el Pibe de oro e gli italiani.
Nel 1995 gli viene riconosciuto il pallone d’oro alla carriera, dato che fino al 1994 era stato riservato solo ai giocatori europei.

El Pibe in conflitto fra Diego e Maradona

El Pibe de oro- come ha affermato egli stesso- vive contraddizioni interne indicibili tra Diego e Maradona. Il primo un ragazzo che aveva lottato e aveva fatto di tutto per andare via dalle Favelas. Un ragazzo che aveva un sogno, fin da piccolissimo, e che l’aveva realizzato esattamente come l’aveva sognato. Il secondo, Maradona, che era il personaggio che viveva sotto i riflettori, che giocava un calcio divino, che era amato da tutti, che si abbandonava ai vizi. Maradona era diventato un idolo e come tutti gli idoli doveva fare i conti con quella parte di se stesso che aveva mille fragilità, ingenuità, indecisioni.

Questo lo rende un eroe moderno, che vive quel conflitto del doppio che ce lo fa diventare umano, lo rende uno di noi. Lo rende un uomo che sbaglia anche amaramente, nonostante abbia in sé un dono grande. Possieda nelle sue vene il sangue del dio del calcio. Così la sua carriera e la sua vita percorrono anche momenti tristi, duri, orribili. Amicizie sbagliate, scelte immature e terribili ingenuità. Finché nel 1994 la fine della parabola calcistica arriva, e anche pesantemente, con l’accusa di doping. Molti oggi identificano quel momento come la fine di Maradona e il ritorno alla vita di Diego.

Un ricordo intenso, vero che va al di là del pallone

Il 25 novembre scorso se n’è andato un calciatore incredibilmente grande e incredibilmente geniale. Se n’è andato un uomo che nonostante la sua grandezza e genialità non aveva dimenticato che veniva da Villa Fiorito, che i più deboli si aiutano, che non c’è differenza tra la vita e il calcio. E’ tutta una questione di astuzia, velocità e intelligenza. Se lo si guarda attraverso tutte le sfumature della sua persona, attraverso il piccolo Diego e l’immenso Pibe, ci si ricorda quanto può essere terribilmente e meravigliosamente fragile la nostra umanità.

Ci mancherai, come Maradona, come mano de Dios, come Pibe de oro e come Diego. Il ragazzo delle favelas che con la sua passione rese il calcio quella leggenda che è oggi. Quella favola incredibile dove anche un povero bambino che gioca a piedi nudi, nel luogo più miserabile del mondo, può diventare un eroe.

El Pibe de oro, Maradona, se ne va: il ricordo di Catania ultima modifica: 2020-11-27T09:15:33+01:00 da Manuela de Quarto

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