Tra nuove armonie: un racconto della masterclass Vita d'altri

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CULTURA SCUOLA Viagrande Studios

Tra nuove armonie: un racconto della masterclass Vita d’altri

Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios

Tra nuove armonie, di Paola Di Blasi, è un altro emozionante racconto che proponiamo in questa che vuole essere una rassegna di letture di racconti ad opera degli studenti della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling. Vita d’altri è una masterclass pensata per mettere gli studenti della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios prima in contatto con l’improvvisazione della creazione attraverso oggetti non loro. Poi – immergendosi nella costruzione del racconto e del primo editing – i testi da loro realizzati sono stati letti e valutati da tre esperte del settore. Il racconto che leggerete, Tra nuove armonie, è stato valutato dall’attrice e promotrice culturale Ester Pantano.

Tra nuove armonie, di Paola Di Blasi

“Sai Vincenzo che l’organo non è uno strumento inventato per essere suonato in chiesa?” Non lo sapevo, ma mi fidavo.

“Totò lo intoniamo quest’organo? Forza che Don Saro deve chiudere la chiesa e ce ne andiamo anche noi, che qua, tra catechismo e rosari, santi ci finisce” 

“E tu a scuola non ci vai?” Le lenti spesse di Don Saro mi fissavano severe ma…“Lucia figlia di Dio! Tutta l’acqua a terra! O figli di gran bretagna mi faciti moriri! Dieci Ave Maria a te e a te…e macari a me”

Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios
Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios

“Assabbinidica Don Saro” ci si salutava, sperando di non sentire: “Domani è domenica e si viene a messa vabbè? Alle dieci. E puntuali!” Ma di puntuale c’era solo la frase del nonno: “Da quale pulpito viene la predica, ci sta preciso preciso, visto che ancora non si è capito a che ora esce la messa delle dieci.” Classe 1918. Alla fine e ventidue anni prima. Uno spazio temporale che si lascia alle spalle ciò che non si è vissuto e si ritrova davanti quello che non si sarebbe voluto vivere. L’unica foto ad essere stata salvata dalla seconda grande guerra, ritraeva mio nonno avvolto in una copertina di trine in braccio alla mia bisnonna inguainata in un abito a lutto.

Accanto a lei il mio bisnonno con tanto di fascia al braccio e un volto serio e triste come da tradizione. Quel lutto stretto, usanza imprescindibile, era come dare vita alla morte, almeno per me. 

Un racconto pieno di immagini travolgenti, la cura del dettaglio e l’atmosfera della storia ti coinvolgono fin da subito” Manuela de Quarto

Caro Don Saro, certo che a scuola ci andavo, ma nei giorni di vacanza mi piaceva bazzicare il laboratorio o seguire il nonno nei suoi restauri. “PREMIATA BOTTEGA ARTIGIANA dal 1802”, incisa su legno e posta all’ingresso di un grande capannone fuori Palermo.

Essere uno degli organari più importanti della regione non era cosa da poco. La tradizione lo precedeva e l’arte lo seguiva. Di organi a canne in Sicilia ce n’erano più di un migliaio, ma di artigiani che li costruivano e restauravano ce n’erano veramente pochi. E la tradizione doveva continuare, il mestiere si doveva tramandare. 

La bottega era sacra quanto la cattedrale di Monreale, studio e sacrificio erano pane quotidiano. Sì, perché chi faceva di mestiere l’organaro, non poteva andare solo a suon di musica, ma doveva essere anche falegname, stagnino, saldatore, elettricista e pure calzolaio. “Questo strumento, grande o piccolo che sia, è il più complesso al mondo” diceva “e chi lo sa suonare è più un meccanico che un musicista” Ma allora questa cosa non la capivo molto bene.  Gli studi di organo e violino intrapresi dal nonno al Conservatorio Vincenzo Bellini, continuavano incerti all’ombra del conflitto. Aveva appena fatto in tempo a completare un corso di arte e cultura organaria, che il laboratorio si dovette trasformare in un rifugio per sfollati. 

L’emozione che ho provato leggendo mi ha travolta e non ho potuto smettere. Ero convinta fosse la storia vera dell’autrice. Così non è, ma appunto per questo credo che ‘Tra nuove armonie’ sia stato costruito alla perfezione!” Ester Pantano

Infatti, che un organo a canne smettesse di funzionare o venisse distrutto dalle cannonate, durante la seconda guerra, era di certo il male minore. E di spazi ampi dove poter ospitare e gestire mamme e bambini allontanati dalla città, per proteggerli dai bombardamenti, non è che ce ne fossero tantissimi. Di gente da aiutare sì. Tutto si trasformò, si adattò e fu un crescendo di singolari aiuti. Il povero aiutava chi stava peggio di lui, il disperato consolava il disperato. Tutto era stato livellato e la consapevolezza di questa uguaglianza forzata faceva sperimentare gesti e sentimenti in altre occasioni trattenuti, faceva vivere pensando al futuro con disperata incoscienza. Protagonista la fame; ci si doveva sbracciare, inventarsi adattarsi a tutto, ma ci si raccontava per sognare e non rinunciare alla propria vera identità.

La PREMIATA BOTTEGA aveva cambiato destinazione d’uso. 

“Come ti chiami?” chiese il nonno a due codini scuri scompaginati. Non rispose.

“Dov’è la tua mamma?” Muta.

“Era sola per strada” disse una giovane donna “Mi pareva più confusa che persuasa e l’ho portata con me. Non so se parla. Non ha spiccicato una parola e tiene sempre una mano dentro quella borsa. Povera figlia” 

“Maria. Ti chiamo Maria. Ti piace?” Il suo piccolo mento piombato sul petto aveva la parvenza di un sì.

Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios
Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios
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Come sfilasse un guanto, tirò fuori la sua manina dalla borsa e con l’altra tirò fuori un piccolo vasetto di coccio con una pianta grassa e un biglietto sporco e un po’ sgualcito. Mio nonno prese con prudenza e rispetto quel foglio piegato in quattro, lo aprì e lesse: “Sii sempre forte come questa pianta, bambina mia. Ho cercato cose difficili nella vita perché volevo essere felice ma non stavo meglio per niente. Poi ho incontrato i tuoi occhi e ho capito che vuol dire essere felici anche se ora non possiamo stare insieme” Ripiegò con cura la lettera e la porse alla piccola. Ne uscì un tenero “grazie” e da quel giorno il piccolo vasetto di coccio con la pianta grassa prese posto sulla scrivania di mio nonno.  

Ho cercato cose difficili nella vita perché volevo essere felice ma non stavo meglio per niente– Tra nuove armonie di Paola di Blasi

Ascoltare pezzi di vita, osservare volti e atteggiamenti, ispirarono mio nonno a scrivere per raccontare. Sentì il bisogno di fissare nel tempo situazioni, storie e stati d’animo affinché, per quanto possibile, niente andasse perduto inghiottito dalla paura e dalla morte. Qualche volta, rileggendo quel vissuto, penso che la vita sia un pentagramma sul quale scriviamo note e pause. Ma nonostante la nostra abilità, la musica che ne verrà fuori, sarà sempre diversa da quella che avevamo creduto e sperato di scrivere. 

La perdita della memoria, la difficoltà di linguaggio, il disorientamento, la quasi incapacità di svolgere semplici attività quotidiane e altri sintomi che, inesorabilmente prendevano posto dentro di lui, significavano solamente l’avanzare di un male oscuro che non ho voglia di nominare.

“Cosa vuoi mangiare oggi papà?” mia mamma provava a stimolarlo e ad attirare la sua attenzione.

Dopo la diagnosi, il professore ci aveva dato delle dritte per gestire la situazione di stallo nella quale ci si era ritrovati: “mostratevi con animo positivo e affettuoso, siate piacevoli e rispettosi del suo nuovo stato, usate frasi brevi…” Ma restavamo sempre con il dubbio di aver fatto o detto troppo o troppo poco. Era cambiato tutto. Restavano preziose pagine.

Tra nuove armonie, un racconto di Paola di Blasi I anno Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios
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Tra nuove armonie è stato tra i racconti più apprezzati all’interno della masterclass Vita d’altri <– clicca per leggere altri racconti.

Quando non più di un sorriso allargava i suoi baffi ungheresi, sempre scolpiti sulla folta barba grigia, era lo straordinario che si faceva spazio in un’ordinarietà forzata. C’era l’organaro che tornava ad accordare un nuovo misterioso strumento. E scrivo di musica anch’io come tradizione comanda. Eredità non di sangue, ma d’amore e ammirazione. Quando insieme riusciamo ad ascoltare lei, la musica, è come ritrovarsi tra nuove armonie. Maria è sempre rimasta con lui. E’ stata la figlia che non hai mai avuto e una madre per me. 

“Guarda qui nonno”. L’obbiettivo per un’ultima foto, a colori stavolta, accanto agli affetti e ai sorrisi di chi ringrazia la vita di averti trovato sulla propria strada. 

Tra nuove armonie: un racconto della masterclass Vita d’altri ultima modifica: 2023-03-01T09:51:30+01:00 da Redazione

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