Il mese di settembre (ma a volte anche agosto e raramente anche ottobre) apre le porte a una delle attività economiche e tradizionali più importanti della nostra terra: la vendemmia. Il suo valore storico e antropologico, nel tempo, si è tramandato di generazione in generazione, attraverso metodi e tradizioni contadine. Dalla pigiatura dell’uva con i piedi in poi, in questo periodo borghi e campagne si animano di trattori, cassette d’uva, cene e bevute in compagnia. La vendemmia è nell’immaginario collettivo una festa. Nei vigneti si riuniscono amici, parenti e vicini di casa, tutti insieme a lavorare nelle vigne per poi festeggiare. Un rituale sempre molto forte, divenuto quasi gourmet, ora che il ritorno alla terra è molto diffuso. Si moltiplicano sempre più le iniziative che vedono la vendemmia protagonista.
La storia della vendemmia in Sicilia
In Sicilia, la vendemmia affonda le sue radici in una storia millenaria, nel suo folclore, come ci testimonia Giuseppe Pitrè.
“Travagghiu di vinnigna, ti ‘signa, ti sgrigna, t’alligna e ti spigna”, ovvero il lavoro della vendemmia ti ammaestra, ti diletta, ti rinvigorisce e ti leva i debiti. È un antico proverbio dei contadini per i quali la vendemmia rappresentava, in passato, la maggiore fonte di guadagno tra tutti i lavori campestri. Alla vendemmia partecipavano tutti coloro che facevano parte degli strati più umili e poveri della gerarchia sociale del tempo e persino le donne. Oltre alla paga giornaliera ognuno riceveva il companatico costituito da sarde salate e cipolle o da formaggio, il pernottamento al podere, anche un piatto di minestra. La giornata cominciava e si concludeva lodando Dio. Poi i vendemmiatori recitavano il rosario e subito iniziavano i canti e i balli per una o due ore accompagnati da cembali, zufoli, pifferi e cornamuse. Alla fine della vendemmia, il padrone regalava qualche grappolo d’uva da portare a casa.
La pigiatura
Parte fondamentale della vendemmia si svolgeva nel palmento. Quest’ultimo, secondo la tradizione, era in muratura e sotto aveva una specie di tino incavato al suolo entro cui scolava e veniva raccolto il mosto. Sopra il palmento vi era una piattaforma riparata ai lati su cui veniva pigiata l’uva. Il “pistaturi”, pigiatore, a gambe nude e con indosso degli scarponi pigiava l’uva strato dopo strato, coi piedi la spingeva dentro il palmento in cui veniva ripestata. Per evitare di scivolare, il pigiatore si teneva ad una corda appesa al soffitto e nell’altra mano teneva un forcone che gli serviva per spingere gli strati di uva pestati nel palmento.
La fatica dei pigiatori era enorme poiché dovevano pestare tutto il giorno e per buona parte della notte, per la durata complessiva di due mesi.
Riti e attrezzi
Anche i mezzi utilizzati erano diversi. Oltre alle macchine che puliscono direttamente il chicco, rilasciando il mosto già pronto per la fermentazione, diverse sono anche le botti dove si conserva il vino: quelle di un tempo erano in legno, oggi sono in vetroresina. Un’altra differenza sostanziale tra modalità tradizionali e nuove della vendemmia riguarda i contenitori con i quali si trasporta il mosto. I vecchi recipienti erano sacchi morbidi di stoffa, chiamati otre, che i contadini portavano in spalla, quelli moderni sono dei semplici bidoni in vetroresina.
La vendemmia oggi e domani
Oggi si fa tutto meccanicamente, affidandosi a strumenti tecnologici che mirano a produrre vini di qualità.Una delle innovazioni principali che riguarda il mondo del vino è l’enoturismo. La promozione del vino, del cibo, delle bellezze naturalistiche del nostro territorio deve generare ricchezza e assicurare un futuro per le giovani generazioni. Bisogna dare continuità alla storia della produzione vitivinicola e far conoscere i sapori della tradizione culinaria siciliana.
I Vini dell’Etna
L’Etna, grazie alle sue componenti ha fatto sì che il suo territorio abbia sviluppato delle caratteristiche intrinseche che rendono le sue uve molto particolari e apprezzate. Tanti sono i territori a vocazione vinicola: Ragalna, Piedimonte Etneo, in cui proprio ad agosto si celebra la festa della vendemmia, Castiglione di Sicilia, rinomata per la manifestazione Calici di Stelle, Biancavilla, S. Maria di Licodia, Paternò, Belpasso, Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Viagrande, Aci S.Antonio, Acireale, S. Venerina, Giarre, Mascali, Zafferana, Milo, S. Alfio, Linguaglossa, Randazzo.
Proprio per valorizzare queste realtà è nata la cosiddetta Strada dei vini dellEtna, che promuove le nostre eccellenze enogastronomiche, trasportando in un “Vulcano” di odori, sapori e bellezze uniche e travolgenti. Inoltre, la Ferrovia circumetnea, negli ultimi anni, ha proposto un itinerario denominato “Il Treno dei Vini dell’Etna”, da percorrere sul trenino, per andare alla scoperta di questi straordinari territori pregni di cultura, tradizioni e buon cibo.
L’ottanta per cento è produzione di uve rosse, come Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio.
Vedi anche: https://catania.italiani.it/scopricitta/la-tradizione-della-passata-di-pomodoro-fatta-in-casa-i-buttigghi/
Fonti: http://www.dinersforfood.com/autunno-tempo-di-relax-in-vigna/
http://www.mediterraneaonline.eu/u-travagghiu-di-vinnigna-tradizioni-dei-vendemmiatori-siciliani