Lucia Sardo: dialogando sul fascino e sui misteri della recitazione

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INTERVISTE Viagrande Studios

Lucia Sardo: dialogando sul fascino e sui misteri della recitazione

Lucia Sardo- primo piano dell'attrice che ha dialogato con gli studenti di Viagrande Studios

Intervista all’attrice Lucia Sardo, a cura di Claudia Lombardo, studentessa della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios per il progetto “A tu per tu con gli eroi di tutti i giorni

Un mestiere tanto affascinante quanto misterioso quello della recitazione, che incuriosisce noi allievi della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios. Questa curiosità ci ha portato a conoscere e intervistare un’amata attrice siciliana, Lucia Sardo. Grazie alle sue parole abbiamo potuto esplorare le sfaccettature più diverse del lavoro attoriale, scoprendo pian piano il lato più umano degli attori. È stato un incontro intenso e ricco di opinioni quello tra noi e lei, che ben presto è diventato un viaggio alla ricerca della persona. Le pongo la prima domanda che avevo preparato: 

Come ogni professione anche la recitazione necessita di un percorso di formazione e di strumenti adatti per intraprendere questo lavoro. Tuttavia mi chiedo, e le chiedo: c’è qualcosa in particolare che un’attrice (o un attore) deve possedere a priori per definirsi tale?

«Quanto tempo ho?» risponde scherzando Lucia Sardo, per sottolineare che la domanda richiede una riflessione importante. Ci sorride, “rompendo il ghiaccio”, perché da quel momento il tempo è scivolato addosso ad ognuno di noi studenti, trasformando la stanza in un contenitore di emozioni e sensazioni che insieme a lei abbiamo sperimentato, stupendoci ogni volta sempre di più.

«Il percorso formativo è fondamentale. È importante e interessante nella vita essere allievi. Io lo sono sempre stata, sono nata allieva e sarò sempre un’allieva, perché adoro imparare. Sono molto curiosa, tanto che una vita non mi basta».

Intervista Lucia Sardo a cura di Claudia Lombardo, studentessa della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios
Intervista Lucia Sardo a cura di Claudia Lombardo, studentessa della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios

Anche noi sorridiamo, e lei continua: «Cosa serve per essere un attore? Quello che serve per qualunque altra cosa: osservazione, curiosità, passione. È nel momento in cui intraprendi il percorso di formazione che hai l’opportunità di scoprire il tuo talento. Molti lo scoprono strada facendo, qualcuno addirittura attraverso una malattia o un dolore. A me è servito tantissimo». 

Durante la visione di un film capita spesso di notare particolare complicità tra gli attori, come se si conoscessero da sempre. Prima di girare un film c’è un periodo di conoscenza tra voi attori? Se sì, questo è un aiuto?

«Per me è fondamentale conoscere i colleghi e vivere momenti di condivisione. Ricordo che per il mio primo film rimasi sotto shock perché scoprii soltanto dieci minuti prima di girare che l’attore di fronte a me doveva interpretare il ruolo di mio marito, e che insieme avremmo dovuto simulare un rapporto sessuale. È stato violento e pesante per me. In Italia non c’è questa preparazione, almeno nella mia esperienza non ho mai avuto la possibilità di incontrare appositamente gli attori del cast prima di girare le scene. In America invece non è così e ho potuto viverlo l’anno scorso a Los Angeles durante le riprese della serie Netflix From Scratch. >>

<<È stata una gioia per me scoprire un sistema totalmente diverso, perché sostengo da trent’anni che è fondamentale entrare in confidenza anche con i ruoli dei colleghi, condividere, provare, fare gruppo… In teatro si fa così: ci si incontra, si legge insieme il testo, si fanno le prove e si crea. È quello il momento della creazione. Eppure, da questo punto di vista, in Italia mi sono sempre sentita un anatroccolo, poi ho scoperto di essere un cigno quando ho visto che in America fanno esattamente quello che dicevo io trent’anni fa». 

L’unione fa la forza m ne è convinta Lucia Sardo

La riflessione di Lucia Sardo pian piano si è estesa all’importanza della complicità in un gruppo di colleghi. Abbiamo scoperto quanto l’unione sia forza vitale per il lavoro degli attori. I suoi racconti ci hanno fatto viaggiare con l’immaginazione fino in America, e per un momento è parso a tutti noi di essere oltreoceano insieme a lei… 

«Ogni attore ha un’idea del proprio personaggio, ma come si sposa quel personaggio da un punto di vista energetico con un altro? I musicisti accordano insieme gli strumenti, la stessa cosa accade con la recitazione. In America si legge insieme il testo e si crea un gruppo, nella cui forza credo fortemente perché quando il singolo non riesce a venire fuori il gruppo invece può farlo esplodere. Si creano affetto, complicità, obiettivi unici. Le prove sul set diventano così un momento meraviglioso, perché tutti si mettono al servizio del lavoro dell’attore. Ad esempio, il regista chiede all’attore come pensa di recitare una scena, creando un dialogo.>>

Le prove sul set diventano così un momento meraviglioso, perché tutti si mettono al servizio del lavoro dell’attore” afferma Lucia Sardo

<<L’attore quindi ha la possibilità di dire la propria opinione e viene ascoltato. D’altronde un attore ha studiato a fondo il personaggio, lo conosce, per cui possiede gli strumenti per comprendere la sua intenzione ed emozione. Il mio strumento, di cui vado fiera, è la “sottomissione”, intesa però in accezione positiva, non negativa. Per me questa parola vuol dire “scoprire la missione sotterranea”. Io mi sottometto alla scrittura per portare alla luce l’anima del personaggio».

Nel corso della carriera può capitare a un’attrice di dover recitare ruoli distanti dalla propria personalità. Quanto è difficile in questi casi entrare nel personaggio senza il rischio di entrarvi in conflitto?

«Ciascuno di noi possiede tutto. I mistici dicono che la goccia contiene l’oceano, proprio come l’uno contiene il tutto. Io posso inglobare tante cose: la santa, la prostituta, l’assassina… e non posso entrare in conflitto con il mio personaggio altrimenti il mio lavoro non funziona. Mi piacerebbe molto che mi destinassero personaggi lontanissimi da me. Sogno di interpretare una pazza o una cretina, perché è proprio questa la sfida e la bellezza della recitazione: poter vivere tante vite».

Al contrario, può succedere di trovare così tante affinità con il personaggio da interpretare al punto da affezionarsi e avere difficoltà ad abbandonarlo? 

«È molto difficile che succeda. Io, ad esempio, sono affezionata a tutti i miei personaggi, e quando mi chiedono quale sia il personaggio che amo di più rispondo che non c’è. Come quando a una madre chiedi quale sia il figlio che ama di più, non esiste una risposta. Ho amato molto Ada, uno dei miei ultimi personaggi, co-protagonista del film “Sulla giostra” di Giorgia Cecere. L’ho talmente amata che durante l’ultimo giorno di riprese, mentre mi spogliavo e toglievo la parrucca, ho chiamato i colleghi e gli ho detto “Salutiamo Ada che sta andando via”. Lì ho pianto, abbiamo pianto tutti».

A distanza di anni dalla prima volta che Lucia Sardo si è vista inquadrata sullo schermo, quale effetto le fa guardarsi al cinema o in televisione? 

Lucia Sardo sorride e con spontaneità ci racconta un momento intimo e divertente della sua adolescenza: 

«Quando ero ragazzina mi piaceva il cantante americano Gene Pitney. Ricordo che un giorno lui apparve sullo schermo mentre guardavo la tv in camera da letto con la mia famiglia. Mi lanciai verso la televisione e l’abbracciai, come se abbracciassi Gene Pitney. Mio padre mi lanciò una scarpa e mi disse: “Non fare mai più una cosa del genere, perché lui è una persona come te”. Mi vergognai talmente tanto che non ho più avuto idoli. Per cui io non mi sento un idolo. Se faccio zapping e mi vedo in televisione, cambio canale.

Non rivedo i miei film. Non mi pongo la questione. Anche perché ho un modo diverso di intendere la fama: non credo che il successo corrisponda alla fama. Si può avere un grande successo professionale e non avere nessuna fama, o viceversa. Per me è più importante il successo che la fama. La fama è l’effetto collaterale del successo».

Lei ha detto che l’arte dovrebbe esprimere tutte le anime. Ce n’è qualcuna che, secondo lei, ancora non è stata raccontata? 

«Credo che la bellezza della recitazione stia nella possibilità di creare mondi. Credo che ci siano delle anime che hanno bisogno di essere raccontate. Sono lì, come energie che non si spengono, in un serbatoio eterno a cui qualcuno attinge per incarnarle o scrivere di loro. Quando recito c’è un momento in cui Lucia non c’è più, c’è solo il personaggio e io gli presto il mio corpo».

Quali sono le più grandi difficoltà a cui può andare incontro un attore secondo Lucia Sardo?

«Provengo da una formazione molto intensa, durata sei anni, in cui facevamo dieci ore al giorno di training fisico. Ogni mattina mi alzavo e percorrevamo venti chilometri di corsa a piedi scalzi. Poi acrobatica, danza, canto, tentavo anche di imparare a suonare uno strumento musicale. Tutto il resto è stata una vacanza nella mia vita. Pensavo che, una volta passata la gioventù, l’ansia da prestazione sarebbe andata via, invece puntualmente si ripresenta sottoforma di vocina, sempre presente accanto a me. Ormai la ignoro, la tratto come una bambina, ma ho scoperto che è un’energia. Un’energia forte che possiamo indirizzare».

La connessione tra gli attori…

Alcuni studenti del biennio e la docente di giornalismo Valentina Cinnirella con Lucia Sardo
Alcuni studenti del biennio e la docente di giornalismo Valentina Cinnirella con Lucia Sardo

Abbiamo infine domandato all’attrice come si crea una connessione così forte con il personaggio di fronte a scene di emotività estrema come, ad esempio, il pianto. Ne è emersa una riflessione interessante che ha tenuto tutti noi in particolare ascolto:

«È la nostra specialità – ha affermato Lucia Sardo – Potete riuscirci anche voi, semplicemente non sapete di saperlo fare. È chiaro che ci sono dei metodi da seguire, ma entra in gioco anche una tecnica emotiva. Musica di sottofondo, occhi chiusi, frasi sentite, ed è fatta. Si lavora sulle emozioni, s’impara a percepirle e a governarle. Gli attori sono mossi da un’azione poetica, hanno piena consapevolezza del proprio corpo».

Lucia ci regala qui un altro interessante punto di vista, che a noi studenti è suonato come un incoraggiamento

A me è successo così quando ho cominciato a fare teatro. Prima non avevo le forze per fare nulla, poi mi sono ritrovata a fare i conti con un’altra me. Ho scoperto un’energia che mai avrei pensato di possedere. È stato come andare a prendere me stessa, scoprirmi e non riconoscere più com’ero all’inizio».

«Potrei dire tante cose su di voi solo guardandovi, non perché sia una maga ma perché il corpo parla. Possiamo dire tante cose con le parole ma il nostro corpo dice molto più di noi. Quando lavori con il corpo scopri un’altra dimensione, come quando dopo tanto tempo togli la benda dagli occhi ad una persona: all’inizio è disorientata ma è in quel momento che comincia a osservare veramente.

L’attrice ci saluta con un’altra profonda riflessione che è rimasta impressa nelle nostre menti: «Con le maschere siamo liberi di essere noi stessi, non il contrario. Il teatro è il luogo in cui togliere finalmente un po’ di strati per andare a toccare chi siamo realmente. La maschera vi dà la liberta. Io ci ho lavorato molto, e posso dire che è meraviglioso». 

Iintervista a cura di Claudia Lombardo, studentessa della Scuola Biennale di Scrittura e Storytelling di Viagrande Studios

Lucia Sardo: dialogando sul fascino e sui misteri della recitazione ultima modifica: 2022-12-28T20:29:39+01:00 da Redazione

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