Giuseppe Di Stefano: “La voce d’oro” della lirica italiana – itCatania

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Giuseppe Di Stefano: “La voce d’oro” della lirica italiana

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Giuseppe Di Stefano è stato uno dei tenori più famosi ed apprezzati al mondo per la sua straordinaria comunicativa, per il carisma, per la vita intensa e la carriera piena di successi.

Eccentrico cantautore della vita, dotato di una stupenda, inimitabile voce, espansiva, generosa, spavalda di darsi e orgogliosa, dalle tinte chiare, sensuali, solari, Di Stefano possedeva un’innata musicalità che gli permetteva di assecondare la melodia con stupefacente naturalezza. La sua dizione era nitida, incisiva, al servizio di un fraseggio suadente e incalzante. Fu  il “cantante che aveva sempre privilegiato l’istinto rispetto alla cosiddetta tecnica, la sregolatezza rispetto al genio”. Era di temperamento acceso e trascinante e di stupefacente presenza scenica. Un talento totale ed accecante.
La sua moderna vocalità fu apprezzata dal pubblico assieme al suo antistrionismo abbinato allo charme del divo. Di Stefano ebbe il merito di svecchiare l’immagine tradizionale del cantante d’opera.

Il catanese Giuseppe Di Stefano, considerato “La voce d’oro” della lirica italiana

Le origini

Giuseppe Di Stefano‘Pippo’, com’era chiamato dagli amici, nacque il 24 luglio 1921, a Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, da Salvatore, ex Carabiniere divenuto calzolaio e dalla sarta siracusana Angela Gentile. Ben presto la famiglia emigrò a Milano. Qui il piccolo Giuseppe cantando nel coro del seminario dei Gesuiti, diede prova delle sue doti vocali. Poco tempo dopo, l’amico Danilo Fois, portandolo alla Scala, gli fece scoprire l’amore per la lirica. Dopo aver preso lezioni dall’amico Adriano Tocchio, tenore nel coro della Scala di Milano, si presentò a Firenze al concorso “Voci grezze”e lo vinse. Suo maestro fu il siciliano Luigi Montesanto. Sono gli anni in cui si esibiva con lo pseudonimo di Nino Florio anche nell’ambito della musica leggera. Il grande debutto si ebbe il 20 aprile del 1946, a Reggio Emilia come Des Grieux nella Manon di Massenet.  Piacque e altri successi arrivarono subito. Scritturato da altri teatri, cantò in parecchie opere come Tosca, Traviata, Sonnambula, Rigoletto, Pagliacci e Vespri siciliani ed ebbe occasione di collaborare con Arturo Toscanini, Renata Tebaldi e altri grandi nomi della lirica.

La carriera 

Da quel 1946, a soli 26 anni, incise il primo disco. In questo periodo, registrò numerosi pezzi a Zurigo per la EMI, cui si aggiunsero una serie di registrazioni private, realizzate come omaggio a Wala Dauwalder, artista russa che, attratta dalla voce e dal fascino di Di Stefano, utilizzò il volto del tenore nelle tavole illustrate di Lubawa, una fiaba da lei scritta. L’immediato, enorme successo, cui concorse il fascino della persona, portò Di Stefano a prodursi nel giro dei primi due anni di carriera nel repertorio lirico-leggero su molte piazze italiane ed europee.  Nel marzo 1947 debuttò nella Manon alla Scala, del cui pubblico divenne un beniamino, mentre nell’aprile 1947 cantò alla RAI nei Concerti Martini & Rossi, prendendo parte anche a trasmissioni quali Il Musichiere. che accrebbero la sua popolarità. Nel 1950 debuttò all’Arena di Verona. Nella seconda metà del 1952, dopo il successo americano, rientrò in Italia e in Europa, divenendo uno degli artisti di riferimento del Teatro alla Scala.  Il 28 aprile 1955 partecipò alla prima della Traviata con la Callas diretta da Carlo Maria Giulini, nella storica edizione con la regia di Luchino Visconti.

Il successo nazionale ed internazionale

Con ben ventisei titoli, quarantatré produzioni e centottantacinque recite, dal 1952 per tutti gli anni Cinquanta, Di Stefano divenne il tenore principale della Scala. Da lì in poi fu in tour in tutto il mondo.

Nel 1948 debuttò al Metropolitan di New York, dove si presentò per sette stagioni fino al 1965; vi cantò dal 1947/48 al 1952, e nelle stagioni 1955/56 e 1964/65, impegnato in 15 titoli, per un totale di 112 recite, comprensive anche del Gala dell’11 gennaio 1949. Le opere interpretate furono le seguenti: Rigoletto, Manon e Mignon (1948); L’elisir d’amore, Gianni Schicchi, Falstaff, La bohème, Der Rosenkavalier e Faust (1949); La Traviata, Il barbiere di Siviglia (1950); Madama Butterfly (1952); Carmen (1955); Tosca (1956); Les Contes d’Hoffmann (1965). I suoi memorabili successi sono ormai negli annali del teatro lirico. Nel 1966 Di Stefano, ancora molto amato, partecipò al Festival di Sanremo col brano Per questo voglio te (testo di Mogol e musica di Mansueto De Ponti). Fin dal 1949 calcò anche i palcoscenici di vari teatri all’estero, fra i quali basti ricordare quelli di Vienna, Parigi, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Mexico City, San Francisco, Chicago e Johannesburg.

La collaborazione e la storia d’amore con Maria Callas

A rendere la vita del tenore catanese più affascinante e tormentata fu anche la presenza della grande Maria Callas con la quale Di Stefano ebbe per diversi anni un forte legame professionale e sentimentale.  I due avevano cantato insieme per la prima volta nel 1951 a San Paolo (Brasile) in occasione di una rappresentazione della Traviata diretta dal maestro Tullio Serafin. Assieme alla cantante greco-americana Di Stefano si esibì  in tour in tutto il mondo con i più grandi direttori d’orchestra, negli anni successivi in opere e concerti, registrando anche dischi di grande valore artistico e storico-documentario. I due formarono una coppia professionale di rara affinità artistica. L’uno non metteva in ombra l’altra e viceversa costituendo la coppia del bel canto. Dal 1972 al 1975, la Callas e Di Stefano divennero amanti. Maria si lasciò contagiare dal suo entusiasmo e dalla sua forza vitale e decise di ritornare sul palcoscenico per una serie di concerti in Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Giappone, Korea, Australia e Nuova Zelanda. Ma ormai le loro voci avevano perso lo smalto dei tempi più fortunati ed entrambi venivano osannati più per il prestigioso nome che portavano.

La coppia Del Bel Canto

Giuseppe Di Stefano e Maria Callas ebbero un sodalizio artistico e sentimentale che li portò ad essere definiti “la coppia del bel canto”

Gli ultimi anni

Nel 1975 un male allora incurabile lo privò della sua adorata figlia ventenne Luisa, avuta dalla moglie Maria Girolami, dalla quale si separò poco dopo per sposare nel 1979 il soprano Monika Curth. Gli ultimi anni della sua vita trascorsero tra il Kenya e la Brianza, circondato dalla simpatia dei suoi numerosi amici e dalla stima degli ammiratori. Era già afflitto dal lento declino della voce e cercò di dedicarsi all’insegnamento, ai seminari e a qualche stage di canto.
Vittima di un’aggressione nel 2005 nella sua villa in Kenya, il grande tenore spirò dopo un lungo periodo di agonia il 3 Marzo 2008 all’età di 86 anni. Oggi riposa nel piccolo cimitero di Santa Maria Hoe’ (LC).
Si concluse così la parabola del grande tenore belcantistico della storia dell’opera lirica.
Ci piace ricordarlo con parole da lui stesso pronunziate:

“Per l’arte del canto occorrono due strumenti, la voce e l’espressione: come due grandi fiumi che scaturiscano da due sorgenti diverse, ma confluiscano in un solo magico momento della rappresentazione teatrale o dell’esecuzione concertistica di un pezzo classico o di una canzone napoletana (quest’ultima, poi, costituisce il banco di prova di tutti i grandi cantanti). Perché l’arte del canto consiste proprio nel colorire la parola con espressione, dominando il proprio strumento naturale, la voce.”

L’eredità artistica di Giuseppe Di Stefano

Di Stefano fu messo spesso in contrasto con un altro tenore che in quegli anni riscuoteva gran successo, ovvero Mario Del Monaco. Del Monaco provava grande stima nei confronti del suo maggior competitor. La portata storica di Giuseppe Di Stefano va misurata  nella sua influenza sulle generazioni coeve e successive di tenori, che hanno dichiarato di essersi ispirati al tenore catanese, o comunque di averne approfondito la strada tracciata, e tra questi si annoverano Placido Domingo, Josè Carreras e Luciano Pavarotti, cantanti che hanno ricevuto da Di Stefano il testimone per proporsi in modo diverso al pubblico. Grazie al suo modo di cantare la gente si accostava volentieri alla lirica, perché Di Stefano riusciva a legare il canto con la chiarezza e la semplicità; in ciò fu rivoluzionario. Pavarotti diceva di Pippo: “il mio idolo è Di Stefano, lo amai più di Beniamino Gigli ⌈…⌋ mi sono  ispirato a lui anche nell’apertura vocale”.
Clicca qui per ascoltare alcune delle sue magistrali esecuzioni.

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La portata storica di Giuseppe Distefano va misurata nella sua influenza sulle generazioni coeve e successive di tenori, fra cui spiccano Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Josè Carreras.

Riconoscimenti, premi ed iniziative a memoria di Giuseppe Di Stefano

A Di Stefano sono legate numerose manifestazioni organizzate nel nord Italia (premi e concorsi canori). Il sindaco di Marcianise gli conferì nel novembre del 1993 la cittadinanza onoraria.

Il legame di Di Stefano con la terra e la città d’origine è stato sempre forte. Veniva soprannominato il “Milanese siciliano”. Di Stefano si vantava delle qualità proprie del siciliano e di essere nel mondo un ambasciatore della “sicilianità”e sarebbe meglio dire della “passionalità siciliana”.

Il comune di Motta Sant’Anastasia ha allestito il CONCORSO INTERNAZIONALE “GIUSEPPE DI STEFANO” e commemorato il tenore a dieci anni dalla morte, intitolandogli il parco comunale. Il prof. Carmelo Neri, assieme ad altri mottesi, da anni si adopera affinché venga realizzato un museo nella casa natale dell’artista, per dare il giusto riconoscimento alla sua arte.

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Il legame di Giuseppe Di Stefano con la terra e la città d’origine è stato sempre forte. Lui si vantava delle qualità proprie del siciliano e di essere nel mondo un ambasciatore della “sicilianità”. Foto di Nicola Allegri.

Si ringraziano per il contributo critico:
Prof. Carmelo Neri,
Dott. ssa Fusto Maria Grazia

Fonti: G. Gori, “Giuseppe Distefano. Voglio una vita che non sia mai tardi”, Zecchini editore, Prima Edizione edizione (10 ottobre 2017).
Di Stefano, “L’arte del canto”, Rusconi editore 1989.
M. Di Stefano, F. Trapani “Callas nemica mia”, Rusconi 1992.

Vedi anche: https://catania.italiani.it/vincenzo-bellini/

Giuseppe Di Stefano: “La voce d’oro” della lirica italiana ultima modifica: 2018-05-29T10:02:27+02:00 da SABRINA PORTALE

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