E vui durmiti ancora: testo e storia di un inno catanese

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E vui durmiti ancora: testo e storia di un inno catanese

e vui durmiti ancora (fonte foto)http://www.fotocommunity.it/photo/e-vvui-durmiti-ancora-sta-sebastiano-nuzzo-confalon/37174231

Lu suli è già spuntatu nta lu mari e vui, bidduzza mia, durmiti ancora: così comincia la poesia di Giovanni Formisano, poeta catanese, passata poi alla storia come uno dei brani più rappresentativi della “sicilianità”. Tra un aneddoto e l’altro, si parte alla scoperta di un altro pezzo della storia letteraria della città di Catania.

Giovanni Formisano: l’autore di E vui durmiti ancora!

Tra i tanti talenti a cui Catania ha dato linfa – come il già discusso Micio Tempio – vi è l’estro letterario di Giovanni Formisano. Giovanni Formisano nasce nel capoluogo etneo nel 1878. Noto come poeta e commediografo, ha dato alle stampe nove raccolte poetiche, che trovano spazio nel compedio da lui curato “Campani di la Virmaria”. Le sue poesie, rigorosamente dialettali, sono belle perché “vere”: raccontano di una realtà semplice, fatta di affetti, terra, sentimenti. A toni malinconici si alternano moti di speranza, di riscatto e, non poteva mancare, il mai dimenticato amore.

Per darvi un’idea del suo valore, vi raccontiamo un primo aneddoto. Siamo nel 1922 e il quotidiano “Il Messaggero” lancia un concorso di poesia dialettale; la giuria, presieduta da niente poco di meno che da Luigi Pirandello. Le poesie dovevano essere presentate in forma anonima. A giochi fatti, si rivelano i vincitori: ad aggiudicarsi sette premi su dieci furono proprio i componimenti di Giovanni Formisano.

giovanni formisano - e vui durmiti ancora

Uno scorcio della Catania degli anni del poeta (fonte: http://www.loschiaffo.org/un-veloce-zoom-su-catania-nei-primi-anni-del-900/)

E vui durmiti ancora!: dalla poesia alla canzone

Lu suli è già spuntatu di lu mari
e vui, bidduzza mia, durmiti ancora,
l’aceddi sunu stanchi di cantari
e affiddàti v’aspettunu ccà fora,
supra ssu balcuneddu su pusati
e aspettunu quann’è ca v’affacciati!

Li ciuri senza vui non ponnu stari,
su tutti ccu li testi a pinnuluni,
ognuno d’iddi non voli sbucciari
su prima non si gapri ssu balcuni,
dintra li buttuneddi su ammucciati
e aspettunu quann’è ca v’affacciati!

Lassati stari, non durmiti cchiui,
ca ‘nmenzu ad iddi, dintra ssa vanedda,
cci sugnu puru iù, c’aspettu a vui,
pri vidiri ssa facci accussì bedda,
passu ccà fora tutti li nuttati
e aspettu puru quannu v’affacciati.

E vui durmiti ancora!: scritta nel 1910, la poesia compare all’interno della raccolta Vecchi cicatrici”, del 1951. A leggere questo brano, un nitido quadro di un’innamorata attesa mattutina, fu Gaetano Emanuel Calì, di ritorno da Malta. Compositore, direttore d’orchestra e di banda, Emanuel Calì s’innamorò a tal punto di questa poesia da volerla musicare. Durante quella stessa notte di viaggio ne scrisse, ispirato, lo spartito. Venne incisa poi a Firenze, presso lo studio Mignani, solo nel 1927. Il momento del successo incontrastato, però, doveva ancora arrivare.

teatro sangiorgi Catania

La faccia del Teatro Sangiorgi, dove il brano divenne leggenda grazie al soprano Tecla Scarano

Quasi un inno siciliano

Successo che si fece attendere un po’. Al suo primo debutto, vuole la storia tramandata, la canzone non suscitò l’entusiasmo sperato. Fu l’interpretazione del soprano Tecla Scarano al Teatro Sangiorgi di Catania, parecchio tempo dopo, a far innamorare il pubbli più conosciuti anche ben al di fuori dell’isola co di E vui durmiti ancora!. Dati i flop precedenti, Emanuel Calì, allora direttore artistico del Sangiorgi, non era propenso a che l’esecuzione avesse luogo. Fortunatamente, decise per il sì: da allora, la sua canzone prese il volo.

C’è un altro evento legato a questo brano, che sfiora la leggenda ma ci piace credere sia vero. A raccontarlo sarebbe una testimonianza di un soldato catanese, riportata nella “Rivista Storica Siciliana”. Durante la prima guerra mondiale, nella tristezza della loro trincea, un gruppo di soldati catanesi intonò questo canto. La canzone creò un momento di tregua: al chiaro di luna, finita l’esecuzione, giunsero gli applausi anche dalla trincea nemica, dai soldati austriaci che, pur non capendo le parole, ne compresero la bellezza.

Oggi la poesia di Formisano è uno dei brani siciliani. Ci piace pensare che, nelle tante volte che la riascolterete, immaginerete quel balcuneddu magari nascosto proprio nella vostra Catania.

E vui durmiti ancora: testo e storia di un inno catanese ultima modifica: 2017-11-12T22:22:44+01:00 da Natasha Puglisi

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