Villaggio Maori: anatomia di un sogno

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Villaggio Maori: anatomia di un sogno

Chiusa nel barattolo dei miei ricordi di giovane studentessa universitaria, ritrovo, quasi per caso, la memoria di una casa editrice fondata quasi dieci anni fa da un gruppo di studenti: il Villaggio Maori.

Una realtà piccola, onesta e indipendente nata e attiva nel cuore di Catania; un luogo di promozione della letteratura contro l’editoria a pagamento; una fucina di talenti che, dopo la loro “esperienza maori”, hanno dato vita a progetti indipendenti come “Nascafina”, “autaut edizioni”, “Moondi edizioni” e “Listen to Sicily”.

Decido, quindi, di mettermi in contatto con loro, voglio saperne di più. Così, in una calda mattina di Giugno, incontro Salvatore La Porta, alias Lazzaro, direttore editoriale del Villaggio Maori. Contro tutte le mie aspettative da intervistatrice in erba, mi imbatto in un ragazzo molto gentile, simpatico e alla mano. L’intervista si trasforma presto in una lunga, divertentissima e dolce-amara chiacchierata in cui dai ricordi di una vita emerge tutta la fatica, la passione e la fermezza di chi ogni giorno porta avanti un’idea, nonostante tutto.

Domanda classica, Villaggio Maori: chi, dove, come, quando e perché?

«Abbiamo iniziato quando eravamo studenti universitari. Nel 2003 abbiamo deciso di mettere su un’associazione culturale, ed eravamo tanti all’ inizio, eravamo 12 (sorride). Villaggio Maori è nato con un budget di 100 euro in 12, meno di 10 euro a testa, eravamo un po’ poveri. Con i 100 euro abbiamo acquistato una stampante laser e stampavamo le edizioni in formato quadernetto, le rifilavamo a mano – Madonna mia! Avevamo i calli! – e le rivendevamo a 1.50 euro. Mi ricordo che il primo testo che è uscito è stato un mio racconto: “Il 17” si intitolava. Così quello che guadagnavamo lo mettevamo da parte. Alla fine abbiamo acquistato 3 stampanti, quindi abbiamo triplicato le tirature, una sorta di ingrandimento».

Immagino la felicità! 

«La fatica più che altro. Nel frattempo da 12 siamo rimasti in 3… per me è stato un lavoro sin dall’ inizio, per gli altri ragazzi era solo un’associazione; penso che l’unico scemo che pensava che potesse diventare un lavoro ero io. Gli altri avevano molto più buon senso, perché obbiettivamente è una cosa piuttosto assurda che con 100 euro fondi una casa editrice».

Villaggio Maori

Da sinistra a destra: Giuseppe Torresi e Salvatore La Porta, soci fondatori del Villaggio Maori.

 Quindi da 12 siete rimasti in 3 e poi cosa è successo?

«Si eravamo io, Peppe (Giuseppe Torresi), il mio socio storico, e Max (Massimo Vinci) che ha fondato con noi e lui non l’avrebbe abbattuto nessuno, solo che è andato a Milano a fare il master e ora lavora alla San Paolo. Quindi siamo rimasti in 2.

Dopo aver comprato le 3 stampanti, abbiamo fatto il nostro primo testo in tipografia: “Bianco Ghiaccio” del 2008».

Poi la scommessa: creare una sorta di libreria del Villaggio Maori e provare per almeno un anno a fare andare bene le cose. 

«Si, quello fu l’inizio di tutto. Due anni e mezzo di fame assoluta! Io lavoravo al bar del Duomo, a Siracusa, nel fine settimana; facevo lezioni private e aprivo la libreria ogni giorno. Per due anni e mezzo non ho avuto neanche le domeniche. Non avevo nemmeno una casa. Vivevo in libreria e c’erano i sorci in libreria; ce n’era uno che chiamavamo “Gian Giovanni Gozzilla” (ride). Poi alla fine, gli ultimi 4 mesi, sono riuscito ad  andare in attivo; nel frattempo la società era stata fondata perché Peppe si era fidato. L’anno prossimo compiremo 10 anni».

Villaggio Maori

Villaggio Maori: la redazione a lavoro

Cosa significa essere una casa editrice piccola, onesta e indipendente a Catania? 

«Fame, fatica (ride)… no, non più fame, non posso dire fame. Economicamente una fatica. Soddisfazioni obbiettivamente tante: esserci riusciti senza compromessi di nessun tipo, devo dire che è stato abbastanza figo e poi vedere i ragazzi entusiasti è bello, l’Accademia è una cosa veramente bella».

Parliamo dell’Accademia delle Editorie. La sua storia comincia nel 2011, dopo la terza e (ahimè) ultima edizione di DeScritto, il Festival dell’Editoria Indipendente targato Villaggio Maori. 

«Mi ricordo che, dopo la fine del festival, io, Peppe e Virginia (Virginia Tagliareni) eravamo seduti nel cortile della CGIL a pensare che in quei tre anni avevamo accumulato un bel po’ di conoscenze nell’ editoria milanese: Mondadori, il Saggiatore (quest’ultima apparterrebbe al Villaggio Maori da quando una certa partita a calcio balilla è stata clamorosamente perduta dalla sua redazione: “Li abbiamo massacrati! E, tecnicamente, ci devono una casa editrice; questo mettilo nell’ articolo, così lo ribadiamo” mi dice ridendo Salvatore La Porta).

Così pensiamo di usare queste conoscenze per fare una scuola, formare dei ragazzi che possono, in questo modo, entrare in contatto con una città come Milano che vive l’editoria.  L’idea credo di averla avuta io. Peppe ogni volta che lo dico mastica malissimo perché dice che la prima volta lo ha detto lui, il che, conoscendomi, è anche probabile perché non mi ricordo mai niente; potrebbe anche darsi che sia stata di Virginia l’idea. Diciamo, comunque, che quella sera se ne parlò, mi pare, per la prima volta».

Come è cresciuta nel tempo l’Accademia?

«Il primissimo anno era tutto sperimentale. Eravamo al Teatro Impulso. Sin dall’ inizio il percorso è stato bello perché c’erano tante persone come Andrea Gentile del Saggiatore, Massimo Vinci della San Paolo; Manuela Caccia della Einaudi; Federica Zicchiero della Mondadori Education. Tutta gente che l’editoria la conosceva veramente.

Contatti creati da DeScritto, tutto lavoro di Peppe. Peppe ha una capacità di interagire con gli esseri umani a Milano che io non ho; cioè fondamentalmente lui beve e io no (ride), a quanto ho capito gli aperitivi a Milano sono fondamentali. Ha raccolto una quantità di gente che stimano noi perché hanno iniziato a stimare lui… Peppe è una delle persone più oneste, robuste e infaticabili che io abbia mai conosciuto, fargli fare qualcosa di storto è praticamente impossibile».

Solo 20 i posti riservati agli iscritti: una piccola famiglia allargata

«La gran parte dei ragazzi che si iscrivono all’ Accademia sono attratti dalla possibilità di fare tirocinio al Saggiatore o alla San Paolo. Poi la realtà è che dopo che stanno con noi un anno, una grossa parte ci chiede di rimanere. Allora iniziano a lavorare ai libri, facciamo progettazione; diventano free lance e lavorano con noi, cioè stanno più loro in redazione che noi, che bello (sorride).

Ora siamo al sesto anno ed è bello ogni volta vedere che i ragazzi, che vedono il mondo dell’editoria in maniera provinciale, come qualcosa di lontanissimo e indecifrabile, alla fine si rendono conto che è popolato da persone normalissime, giovani, gente alla mano. Questo è bello perché in qualche modo contribuisce a sprovincializzare le menti; ed è bello perché se questi ragazzi dovessero, un giorno, finire a insegnare nelle università, sapendo cosa è la progettazione editoriale e come è fatta la redazione di una casa editrice potrebbero trasmettere agli studenti cosa significa davvero fare la cultura. Sono tutte persone splendide, sono tutti amici nostri, questo siamo riusciti a farlo».

http://www.villaggiomaori.com/

http://www.accademiaeditorie.it/

Villaggio Maori: anatomia di un sogno ultima modifica: 2017-07-06T09:53:47+02:00 da Elena Angenica

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