Avete presente Leonardo Di Caprio nei panni di Frank Abbagnale in Prova a prendermi? Un po’ meno biondo e del tutto made in Sicily: la storia di Paolo Ciulla, il falsario all’origine del detto “Catanisi soddu fausu”.
Tra arte e ribellione: Paolo Ciulla
Paolo Ciulla nasce a Caltagirone nel 1867, ma non è lì che si svolge la sua avventurosa vicenda; approda infatti a Catania dopo una lunga serie di vagabondaggi. Ma andiamo con ordine.
Il giovane Paolo è un talento nell’arte del disegno e il suo obiettivo è quello di insegnare presso l’Accademia Di Belle Arti. A tale scopo e grazie ad una borsa di studio, approda prima a Napoli, poi Roma ed infine Parigi; fallisce, tuttavia, nel suo intento. Tanto questo fallimento quanto le ragioni di un successivo allontanamento dall’Italia, potrebbero avere una ragione comune: c’è, infatti, chi attribuisce tutto ciò alle sue ideologie anarchico-socialiste che lo portano vicino alle lotte dei fasci dei lavoratori, chi, invece, alle sue tendenze omosessuali.
Per dare un’idea della sua vita romanzata, ben prima della contraffazione, potete immaginarlo a Parigi, dove a Montmatre passa il suo tempo tra personaggi come Picasso e Modigliani.
Nella capitale francese ci resta fino al 1910; ancora più straordinaria, però, è la sua avventura in Sud America. Stabilitosi a Buenos Aires, infatti, finisce internato in un manicomio per aver sperimentato – e non portato a buon esito – la cosa che lo farà diventare più celebre in assoluto. Cominciò, infatti, a falsificare pesos: una risposta falsa verso una repubblica che sentiva altrettanto falsa. Fu però scoperto e in quel manicomio ci resta fino al 1916. La motivazione? “Delirio di onnipotenza”.
“Catanisi soddu fausu”: l’attività di falsario a Catania
Paolo ritorna in Sicilia, ma non ha né dimenticato l’arte, né l’ha messa da parte. Soprattutto, è indignato dall’aver trovato la sua terra ancora più povera di quando era partito. A ciò si aggiungano le sue stesse difficoltà economiche.
Si da così alla contraffazione, di cui diventa un vero e proprio professionista. Esperto di incisione, fotografia, artista mancato, infine riscattato: le sue banconote da 500 lire (l’equivalente di 750 euro, circa) sono una copia così perfetta dell’originale che poté falsificarne a migliaia prima di venire scoperto, a Catania. Si stima che ne produsse circa ventimila negli anni compresi tra il 1920 e il 1922: una produzione fitta e portata avanti in buona parte da solo, nonostante una progressiva perdita della vista a causa di una tare familiare.
L’arresto, infine, il 17 ottobre 1922. Le forse dell’ordine, in realtà sulle tracce di una banda di falsari attiva tra la Sicilia e l’America, fanno irruzione nella sua casa-laboratorio nella periferia di Catania. Trovarono, invece, la fabbrica di Ciulla e le sue pile di banconote e solo così si scoprì della sua attività e di quei pezzi da 500 lire accettati persino dagli sportelli della Banca d’Italia.
Finalmente qualcuno aveva riconosciuto il suo talento: è infatti con entusiasmo che parla del suo lavoro, descrivendolo nei minimi dettagli, al Procuratore del Re. <<Romanzo non vuol dire bugia. Spesso la vita è più imbrogliona di un romanzo>>, sono le sue parole durane il processo.
Ciulla fu condannato insieme ai suoi complici il 12 novembre 1923. Il falsario Paolo Ciulla finirà i suoi giorni nell’Albergo dei Poveri Invalidi otto anni dopo, nel 1931.
Paolo Ciulla il falsario nella memoria di Catania
Tanti sono gli intellettuali che hanno ripescato questo personaggio dalla memoria dei Catanesi. Maria Attanasio scrisse Il falsario di Caltagirone, Pietro Nicolosi Il falsario; infine, anche Dario Fo e Pietro Sciotto firmano il romanzo Ciulla, il grande malfattore. Ma non è con la bibliografia che vogliamo chiudere questa storia. Ricorderemo invece un aneddoto che vede Ciulla protagonista, la cui agiatezza non gli fece dimenticare le condizioni dei suoi concittadini: è così che, tra la primavera del 1920 e il suo arresto, le case dei bisognosi di Catania e provincia si riempiono di banconote da 500 lire di anonima provenienza.